
- di Redazione Sportellate.it
Napoli, un (non) mercato che può costare caro
Roberto Inglese, Adam Ounas, Mario Rui. Tu chiamalo, se vuoi, mercato estivo di rafforzamento. Il Napoli, primo in classifica, mai come quest’anno credibile contendente dell’insaziabile Juve, ammirato per il suo calcio propositivo in tutta Europa, ha deciso in estate di limitare al minimo gli acquisti e puntare tutto (o quasi) sulla rosa della passata stagione.
Una scelta ponderata, quella della società partenopea, ma che alla luce dei recenti e gravi infortuni di Milik e Ghoulam rischia di trasformarsi in un pesante azzardo.
Ghoulam che comunque tranquillizza i suoi tifosi: operazione eseguita con successo.
La rosa a disposizione di Maurizio Sarri difetta di qualità nei ricambi, specie nel reparto arretrato e in quello offensivo. Maksimovic e Chiriches non valgono la coppia di centrali titolare Albiol-Koulibaly, così come Maggio e Mario Rui non sono allo stesso livello di Hysaj e Ghoulam. Nel tridente offensivo poi la differenza di valori tra titolari e seconde linee è ancor più accentuata. Insigne, Mertens e Callejon sono per certi versi giocatori unici e difficilmente sostituibili, figurarsi se le loro riserve si chiamano Ounas e Giaccherini. Per non parlare poi del vuoto venutosi a creare dopo il crac di Milik, vera e propria alternativa, seppur con caratteristiche differenti, all’altezza dei titolarissimi. E’ in mezzo al campo, invece, che Sarri può decidere di cambiare interpreti senza che il suo gioco ne risenta più di tanto. Zielinski, Diawara e Rog, infatti, se inseriti a turno, garantiscono un rendimento quasi all’altezza del terzetto base formato da Hamsik, Jorginho e Allan. Non abbastanza però per una squadra che vuole competere per lo scudetto e superare la fase a gironi di Champions.
Allora – ed è questo l’interrogativo più ricorrente – come mai in estate la società ha deciso di investire poco o nulla per rinforzare l’organico? La spiegazione principale è che questo Napoli è stato ritenuto dallo stesso Sarri e dal d.s. Giuntoli difficilmente migliorabile. Il tecnico cresciuto in provincia di Arezzo, con un lavoro maniacale iniziato nel giugno del 2015, ha plasmato una creatura quasi perfetta, in cui i suoi interpreti sembrano collegati gli uni con gli altri da un filo invisibile tanto sono armoniche le sue trame. Solo l’acquisto di uno o più top player avrebbe potuto innalzare il livello qualitativo degli 11 titolari, col rischio però di compromettere il monte ingaggi e di minare gli equilibri interni di uno spogliatoio mai così unito e coeso. Da qui la decisione di investire svariati milioni nei ‘pesanti’ rinnovi di Insigne e Mertens, considerati da Sarri pedine imprescindibili per il suo credo, e continuare a puntare forte sulla solidità del gruppo storico. Si legga in tal senso il mancato addio (in accordo con la società) di Reina, corteggiato in estate dal Psg. “Ho iniziato un percorso e voglio portarlo a termine”, è stato in sintesi il pensiero del portiere spagnolo, uno dei fautori del ‘patto scudetto’.
La grande bellezza.
Una o due alternative di primo livello potrebbero sempre arrivare dal mercato di riparazione, che però è lontano quasi due mesi, ammesso e non concesso che il presidente De Laurentiis si convinca a mettere mano in maniera sostanziosa al portafoglio. Toccherà a Sarri e al suo staff poi facilitare l’inserimento di eventuali nuovi acquisti. Che necessiterebbero comunque di tempo per entrare in sincronismi complessi e collaudati come quelli sarriani. Non resta allora che ricorrere maggiormente al turnover, riponendo più fiducia in quei giocatori diventati spettatori non paganti. Sono 9 infatti, ad eccezione dei portieri, gli azzurri sotto le 5 presenze stagionali in A: Ounas, Mario Rui, Maggio, Chiriches, Tonelli, Maksimovic, Giaccherini, Leandrinho e Milik. Troppi per non pensare di arrivare al momento cruciale della stagione con le ruote sgonfie.
Lamberto Abbati
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