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11 Agosto 2017

La sentenza che cambiò il calcio


Il calcio è cambiato per sempre il 15 dicembre del 1995. E no, non si tratta di una partita memorabile - in quel periodo dell’anno è un po’ difficile - e neppure dell’esordio di un crack, o viceversa del ritiro di una leggenda. Quel giorno la storia del calcio è stata scritta lontano dal rettangolo verde, e più precisamente in un’aula di tribunale.

Sono infatti passati ormai 22 anni da quando la Corte di giustizia dell'Unione europea, pronunciando quella che è comunemente conosciuta come “sentenza Bosman” decise - in base all'articolo 39 dei Trattati di Roma - che i calciatori dell'Unione europea alla scadenza del contratto potevano trasferirsi gratuitamente ad un altro club purché facente parte di uno Stato dell’UE. Fu infatti il calciatore belga Jean-Marc Bosman, all’epoca militante nel RFC Liegi, ad interpellare la Corte, esprimendo la sua volontà di trasferirsi al Dunkerque in Francia, osteggiata dal Liegi in quanto la società transalpina non aveva offerto una contropartita sufficiente in denaro, nonostante il contratto fosse scaduto nel 1990.

Prima di tale provvedimento, qualora una società volesse acquistare il cartellino di un giocatore, avrebbe dovuto sempre remunerare il club di appartenenza del calciatore in questione, anche se il contratto fosse scaduto. Da allora il calcio non è stato più lo stesso. Non è stato infatti più possibile porre un tetto agli stranieri, eccezion fatta per gli extracomunitari; aumentò sensibilmente il potere contrattuale dei calciatori e soprattuto dei loro procuratori (Jorge Mendes e Mino Raiola docet), dato che in prossimità della scadenza del contratto i club di appartenenza si vedevano costretti a cedere i loro giocatori al miglior offerente per non rischiare di perderli gratis subito dopo, anche a cifre ben al di sotto del reale valore di mercato. Tutto ciò indebolì notevolmente i vivai, dato che le società potevano permettersi di puntare su giocatori stranieri già affermati, e rafforzò i club con grosse possibilità economiche, che non avevano problemi ad acquistare i migliori giocatori sul mercato senza problemi di nazionalità, mentre in precedenza vi era un limite di tre stranieri in rosa. Bisogna tenere presente anche che il limite agli extracomunitari può essere aggirato, qualora il calciatore in questione possieda il passaporto comunitario, grazie a discendenti europei (basti pensare agli argentini di origine italiana) o all’ottenimento della cittadinanza di un paese comunitario.

Se il calcio è passato dall’essere sempre più un business piuttosto che un vero sport è soprattutto a causa della sentenza Bosman, che ha introdotto i dettami della globalizzazione all’interno del gioco più amato del mondo. Per farsi un’idea basta dare un’occhiata all’albo d’oro dei vincitori della Coppa dei Campioni/Champions League: quante squadre del calibro di Stella Rossa Belgrado, Steaua Bucarest, Olympique Marsiglia, Nottingham Forest, Amburgo hanno più avuto la possibilità anche solo di puntare a vincere una competizione simile dopo il 1995? Chissà cosa sarebbe successo se il RFC Liegi avesse accettato il trasferimento di Jean-Marc Bosman al Dunkerque. Chissà se i petroldollari avrebbero invaso il calcio senza un provvedimento che ampliasse fortemente il potere d’acquisto dei club, permettendo loro di spendere e spandere a proprio piacimento.

Chissà se gente come Mino Raiola avrebbe avuto il potere di tenere in ostaggio uno dei club più titolati al mondo. Questo non possiamo saperlo, forse la globalizzazione avrebbe imposto in qualche altro modo la sua dura legge. Quello che è certo è che da quel giorno il calcio è cambiato per sempre. E non potrà  mai più tornare quello di prima.

Davide Depascale


  • La Redazione di Sportellate è un miscuglio di persone che provano a scrivere di sport senza mai tirarsi indietro.

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