Il calcio e l'industria cinese: intervista a Nicholas Gineprini
Lo stato di un movimento difficile da comprendere.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Nicholas Gineprini, direttore di Blog Calcio Cina, autore de “Il sogno cinese - Storia ed economia del calcio in Cina”, ma soprattutto uno dei massimi esperti in Italia dell'industria calcistica cinese. Le sue conoscenze e la sua passione non sono quelle che vi aspettereste da un ragazzo di appena 26 anni.
Partiamo dagli albori: come nasce la tua passione per il calcio e l'economia cinese?
Sono onesto, per il calcio questa grande passione non c'è, seguo solamente quello cinese per monitorare alcuni giocatori. Mi interessa molto più quello che succede al di fuori del campo di gioco. Mi sono approciato al movimento cinese inizialmente con la figura di Dario Conca, questo giocatore argentino che è stato il primo grande acquisto del Guangzhou Evergrande e prendeva una cosa come 26 milioni di euro in due anni e mezzo. Poi leggendo una guida al campionato olandese del 2014 in cui avevo scoperto che l'Ado den Haag era in procinto di essere acquistato da una società cinese, ovvero la Vansen Sports la stessa società che organizza oggi la Coppa Italia in Cina. La cosa mi aveva particolarmente attratto e quindi ho cominciato a studiare il modello calcistico cinese senza sapere ancora quasi nulla della Cina.
Guardando le ultime direttive del presidente Xi Jinping, risulta evidente come il piano del governo cinese sia quello di trasformare entro il 2050 la Repubblica popolare in una potenza calcistica che non abbia niente di che invidiare ai suoi avversari. Pensi veramente che il calcio del futuro, anche da un punto di vista tecnico, potrebbe giocarsi in Cina?
Il fatto è che dal punto di vista economico loro sono messi benissimo. Cioè tralasciando il calciomercato che è solo la punta dell'iceberg e non mi interessa neanche troppo perchè ok compri il giocatore per 30 milioni bravo ne compri uno cinese per 20 meno bravo, nell'ultimo congresso della CFA dove è stato reso pubblico il budget per lo sviluppo calcistico globale cinese (si parla quindi anche di calcio femminile e giovanile), esso è risultato addirittura raddoppiato rispetto all'anno scorso. E' ovvio allora che gli investimenti da parte centrale ci sono e di conseguenza tante società stanno cercando di investire nel mondo del calcio. Tutto questo tra l'altro tamponando il calciomercato, perchè se andate a vedere l'ultima direttiva della federazione, essa prevede non solo l'introduzione di un salary cup per le squadre, ma anche il pagamento di una tassa aggiuntiva nel caso tu squadra vai ad acquistare un giocatore per più di 30 mln di euro. Tassa aggiuntiva che verrò poi devoluta per lo sviluppo del calcio giovanile. Quindi partendo dal presupposto che l'industria sportiva cinese è florida come poche altre, i problemi comunque ci sono e riguardano il campo ed in particolare i loro concetti culturali. Qua la strada è ancora lunga.
Leggevo sul tuo blog di come si stiano aprendo molteplici possibilità lavorative all'interno del movimento calcistico cinese. Potresti spiegarci più approfonditamente la cosa.
Stanno cercando in primis un sacco di allenatori perchè fondamentalmente le loro sessioni di allenamento, e qui ci ricolleghiamo ai problemi di cui ti dicevo, sono per noi anche solo difficili da immaginare. In Cina, a parte che le scuole sono da 50 ragazzini e quindi non fai calcio, l'organizzazione degli allenamenti è totalmente diversa. Per esempio se l'allenatore dice "questa settimana facciamo il dribbling", quella settimana sarai costretto a fare solo il dribbling. Nel senso che non farai il colpo di testa, non farai lo stop orientato: solo dribbling, per una settimana intera. La settimana dopo fai un'altra cosa e via andare. Il loro altro grosso problema è poi sull'apprendimento memonico che non è adatto allo sviluppo dello sport di squadra. Tornando alle opportunità lavorative abbiamo detto degli allenatori, ma ne esistono tante altre nel settore medico nutrizionale perchè la Cina sta andando incontro a livelli di obesità un pò preoccupanti, soprattutto per quel che riguarda i giovani. Altro settore con molta richiesta è quello della comunicazione per espandere il brand delle squadre fuori dai confini cinesi. Le opportunità sono veramente tante, non c'è solo la strada del calciatore come in tanti mi hanno chiesto. Anzi ti dirò di più si tratta di un percorso attualmente impossibile: o sei un giocatore della Serie A o altrimenti vai a fare le leghe internazionali del dopolavoro.
Nella fase di negoziazione di una trattativa si riscontrano differenze, rispetto all'Europa, nella gestione della trattativa stessa? O meglio: quali peculiarità caratterizzano la trattativa con un professionista con cultura e tradizioni diametralmente opposte?
Diciamo che questo è un ambito un pò misterioso perchè figure cinesi di procuratori le conosco di nome, Romain Woo, Lucas Chiang, ma il loro modo di operare non è noto. Quello che ti posso dire che è emerso, è che loro vanno in giro con un listino prezzi, nel senso che un centrocampista vale dai 10 ai 20 milioni di euro, l'attaccante vale questo e gli stipendi possibili sono questi. Sono sicuramente molto categorici e schematici: sia sul prezzo del cartellino, sia sul prezzo dello stipendio. Per quanto riguarda i procuratori che vengono da fuori, la Cina è stata una terra che è stata assediata dai procuratori. Abbiamo Jorge Mendes, dove la sua Gestifute è stata acquistata dalla Fosun, ma i veri pioneri furono Eduardo Uram e la sua Europe Sports Group con l'intermediazione della Kirin Soccer di Joseph Lee, un cinese trasferitosi in Brasile negli anni '80. Sia la Europe Sports Group che la Kirin Soccer sono dei fondi di investimento e la maggiorparte dei calciatori brasiliani ora in Cina hanno il cartellino di proprietà della Europe Sports Group grazie alla Kirin Soccer che ha curato in precedenza la fase del passaggio del giocatore dal Brasile alla Cina. Loro sono stati i pioneri, solo dopo sono arrivati i vari Mendes, i vari Giuliano Bertolucci e tanti altri.
Siamo arrivati oggi a 22 club totali tra Europa ed Oceania acquisiti da proprietari cinesi. Sai per caso o puoi immaginare se nel breve termine ci saranno altre acquisizioni in Europa e soprattutto in Italia?
L'Italia avrà il Milan, il Palermo invece era in trattativa con una cordata cinese, ma l'affare oramai è tramontato da un pezzo. Più che acquisizioni dell'intero pacchetto azionario della squadra, i club italiani dovrebbero ricercare partnership o soci di minoranza che possono portare sponsor e maggiori introiti. In Inghilterra invece vorrebbero acquistare il Liverpool e c'è una trattativa aperta anche con il Leeds. In Inghilterra poi il tutto è molto interessante perchè lo scopo cinese, attraverso gli investimenti nelle squadre, è quello di rafforzare i rapporti Inghilterra-Cina nel post Brexit e di partecipare ai grandi progetti infrastrutturali inglesi. Non una cosa da poco. In Spagna il club target è il Celta Vigo.
Chiarissimo. Guarda abbiamo appena parlato d'Italia, volevo quindi porti una domanda specifica prima sul Milan e poi sull'Inter. Partendo dai rossoneri, è vero, come scrive Business Insider Italia, che il governo cinese ha bloccato l'uscita di capitali per l'acquisizione del Milan. Sai qualcosa al riguardo?
Non l'ho letto specificamente per il Milan, però per un problema sulla valutazione dello Yuan il Governo cinese sta cercando di frenare gli investimenti verso l'estero. Quindi indirettamente sì, riguarda anche il Milan...
Come la mettiamo allora per quel che riguarda il closing?
Ultimamente non ho seguito tantissimo la situazione. Sembra che adesso i capitali ci siano, ma l'impressione che ho avuto è che comunque si arrivi col fiatone al traguardo. A mio avviso dopo che Yonghong Li aveva fatto fuori Galatioto e Gancikoffnon non aveva i partner e soprattutto non aveva i soldi. Non aveva in quel momento trovato tutti i soldi che servivano per fare il closing, cosa che probabilmente ha invece trovato recentemente.
Parlando di Inter, qual è il vero piano del gruppo Suning?
Il piano della Suning è chiarissimo, nel senso che loro hanno 1600 negozi in Cina di elettrodomestici ad alto consumo. Se vogliamo essere precisi tra Cina, Hong Kong e Giappone ma comunque non fuori dall'Asia. Loro attraverso il calcio, vogliono ampliare il proprio business anche all'estero. La Suning tra l'altro non fa solo retail [commercio al dettaglio n.d.r.], ma costruisce alberghi, ha una certa percentuale della PPTV che sarà il gruppo che dal 2018 trasmetterà la Premier League in Cina e possiede addirittura una compagnia telefonica. Risulta evidente allora, come l'acquisizione dell'Inter sia semplicemente fondamentale per espandere il loro brand prima in Italia e successivamente in Europa.
Questo non può essere anche un limite? Cioè in tutte queste acquisizioni cinesi mi risulta che dietro ci sia solamente un forte interesse economico/commerciale, ma un interesse veramente minimo per i risultati di squadra. Per società che hanno sempre avuto tradizioni e radici solidi non penso sia un bene.
Guarda a mio avviso i tempi stanno cambiando rapidamente. Ormai il calcio è radicato in maniera assoluta nel tessuto economico e politico di uno stato. Anche guardando al cambio di brand della Juventus: quello è l'indice di come il capitale prenda il sopravvento su cultura e tradizioni. E' un processo inevitabile dal quale non si può più tornare indietro. In Italia non saremo mai al livello della Red Bull e nemmeno delle squadre cinesi che sono capaci di cambiare il logo ogni due anni: il nostro sarà un cambiamento un pò più soft.
Ultima domanda: in termini di popolarità e prestigio in che situazione si trova il calcio italiano in Cina?
Il calcio italiano ha perso molto terreno in Cina e non parliamo solo di sport. Per quanto riguarda la Serie A questa non ha alcun profilo su Sina Weibo, ovvero il social network più popolare di Cina e i followers delle nostre squadre sono nettamente inferiori a quelle dei big club. Inoltre guardiamo alle televisioni: la Serie A è trasmessa per 319 ore all'anno, mentre la Premier per oltre 3.000. Ma magari fosse solo lo sport, in Cina è tutto il sistema Italia ad essere arretrato. Guardiamo per esempio al vino, del quale ci vantiamo (a ragion veduta) tanto, ebbene i cileni hanno il doppio del nostro export verso la Cina. Nei brand di lusso i francesi ci surclassano. Gli investimenti italiani hanno subito un drastico calo verso la Cina, e questo per le nostre aziende, per la nostra società, significa non far parte del futuro. Per concludere, ritengo che sia uno scandalo il fatto che l'Italia nel 2017 non abbia ancora aderito al progetto One Belt One Road, la Nuova via della Seta.
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