
- di Simone Grassi
Africa State of Mind
“L’Africa è uno stato mentale. Io lavoro in Europa, ma sogno in Africa.” (Samuel Eto’o)
Oggi, con il match inaugurale tra il Gabon padrone di casa e la Guinea-Bissau, prende il via la 31° edizione della Coppa d’Africa. Un torneo ricco di storie, contraddizioni, partite epiche e protagonisti immortali. Ed è proprio su questi ultimi che voglio soffermarmi.
Nonostante segua ormai da parecchi anni questa competizione, non riesco ancora a cogliere fino in fondo il legame fortissimo che c’è tra un calciatore africano e la propria terra. Apprezzo la scelta di chi decide di difendere i colori di una nazionale oggettivamente più scarsa, ma che sente più sua. Una nazionale con cui non si toglierà certo soddisfazioni a livello mondiale, ma in Africa...in Africa è tutta un’altra storia. La Coppa d’Africa la può vincere chiunque e spesso sono proprio i favoriti a non vincerla. Se sei africano, il trionfo in mezzo alla tua gente ti ripaga più dei soldi europei.
E poi volete mettere i personaggi? Alcuni dei calciatori più folli, eccentrici e stravaganti arrivano proprio dal Continente Nero. E alcuni dei più forti, pure.
PORTIERI
La scuola africana dei portieri raramente ha forgiato calciatori memorabili. In Italia, poi, è sempre stato un miraggio poterne apprezzare le gesta, con rare eccezioni. Indirettamente, dobbiamo ringraziare il più forte di tutti in assoluto, Thomas N’Kono. Grazie lui Gianluigi Buffon è diventato quel Gigi Buffon. Il portiere camerunense classe ‘56, due volte calciatore africano dell’anno, fece innamorare il numero 1 della Juve ai Mondiali italiani del 1990, quando col suo Camerun si fermò ai quarti di finale con l’Inghilterra. Sei anni prima aveva vinto la Coppa d’Africa, edizione ivoriana, coi Leoni Indomabili. Oggi è preparatore dei portieri del Camerun.
Al secondo posto, nella mia personalissima classifica, troviamo Bruce Grobbelaar. Nato in Sudafrica, lasciò la sua prima squadra perché, a suo dire, si sentiva discriminato dai neri che ne facevano parte. Un apartheid al contrario, insomma. Entrò nella Guardia Rhodesiana (oggi Zimbabwe) e dopo un lungo peregrinare tra Canada e Inghilterra divenne un totem del Liverpool. In Italia si ricorda soprattutto per la finale di Coppa dei Campioni contro la Roma, quando Bruce ipnotizzò Conti e Graziani ai calci di rigore, grazie ad un atteggiamento quantomeno eccentrico per l’epoca: ammiccamenti verso i fotografi, movimenti di gambe imbarazzanti sulla linea di porta (la famosa ‘spaghetti legs’) e qualche morso anche alla rete, che non guasta mai. I fatti, però, gli diedero ragione e il portiere dello Zimbabwe si portò a casa la Coppa. Un’altra Coppa, quella africana, non la vinse mai.
Probabilmente Ciccio Graziani si sogna ancora la 'spaghetti legs' di Grobbelaar...
Dietro questi due mostri sacri, la pazzia di Muteba Kidiaba è d’obbligo. Il 40enne della Repubblica Democratica del Congo purtroppo non farà parte della spedizione in Gabon, ma il suo balletto sui glutei nel Mondiale per Club 2010 è entrato nel mio cuore con la stessa velocità della punizione di Adriano contro il Real Madrid. L’estremo difensore del Mazembe TP ha iniziato a difendere la porta dei Leopardi nel 2002 ed è riuscito a centrare il terzo posto nella Coppa d’Africa 2015, in Guinea Equatoriale. Portiere bassino, tra le altre cose (181 centimetri), come non se ne vedono più. Ma quanta stravaganza, impossibile non amarlo.
Ora ditemi voi come si fa a non amare Kidiaba!
Citazione obbligata anche per Boubacar ‘Copa’ Barry. Uno che in Belgio, con la maglia del Lokeren, ricordano più per le papere che per altro. Uno che con la nazionale della Costa d’Avorio aveva perso il posto da titolare, a vantaggio del giovane Gbohouo, due anni fa. Capita però che Gbohouo si infortuna in semifinale e, tra la rassegnazione del suo popolo, tocca proprio a Copa difendere la porta nella finale contro il Ghana. Risultato? Costa d’Avorio campione dopo i calci di rigore, con Barry che ne para due e segna quello decisivo. Il calcio è strano, Beppe (cit.).
Copa Barry. Vegetariano?
DIFENSORI
Taribo West rientra tra gli africani che ho amato di più. Le sue treccine verdi su Fifa 2000 per PlayStation erano a dir poco rivoluzionarie. La sua storia dopo il ritiro forse di più. Dove lo trovi adesso uno che dopo aver giocato in serie A, Premier League e Ligue1 conclude la carriera in Iran? E probabilmente a 50 anni, visto che in pochi ancora oggi hanno capito quanti anni abbia in realtà. Chiuso col calcio, lo sbocco naturale della carriera di Taribo fu quello di autoproclamarsi pastore pentecostale e fondare una chiesa tutta sua, Shelter in the Storm (il Rifugio nella Tempesta). Campione Olimpico nel 1996 e vice-campione africano nel 2000, nonostante una super squadra.
Padre Taribo durante l'omelia.
Dietro di lui, Rigobert Song. Altro difensore pacato, poco eccentrico. Ammirato in Italia con la maglia della Salernitana (4 partite e 1 gol), anche se le sue fortune le ha fatte ad inizio carriera tra le fila del Metz e a fine corsa, con la maglia del Galatasaray. Nel 2000 e nel 2002 vince la Coppa d’Africa da capitano del suo Camerun, di cui è recordman di presenze. A ottobre 2016 è stato colpito da un ictus e le sue cure sono state pagate interamente dalla federazione camerunense, anche se Song era ct del Ciad.
Anche Samuel Kuffour ha un posto speciale nell’album dei ricordi. Forse perché me lo immagino ancora arrancare dietro a Ibra in quel Juve – Roma, travolto dall’esuberanza dello svedese dopo uno stop a seguire di tacco. Difensore amatissimo in patria, dove fu anche eletto Calciatore Ghanese dell’Anno in ben due occasioni. Purtroppo per lui, non riuscì mai nemmeno a piazzarsi in Coppa d’Africa.
Piccola menzione anche per Rachid Neqrouz, idolo a Bari e pilastro della nazionale marocchina per 6 anni. Nessun exploit alla Coppa d’Africa, ma nel suo palmarés troviamo un pub distrutto e resistenza a pubblico ufficiale sul lungomare del capoluogo pugliese, nel 2004. E poi, ovviamente, come dimenticare il trattamento riservato a Inzaghi?
Precursore del cileno Jara, questo Neqrouz...
CENTROCAMPISTI
Se per portieri e difensori la scelta è stata tutto sommato semplice, dalla mediana in su il compito si fa più arduo. Talenti del Continente Nero in queste zone del campo ce ne sono stati tanti, quindi nessuno si senta escluso: rimane pur sempre una personale classifica.
Calcisticamente è scattata da tempo la scintilla dell’amore con Riyad Mahrez. L’ala algerina, protagonista del Leicester dei miracoli dello scorso anno, si è anche aggiudicato da poco il Pallone d’Oro Africano e ora punta dritto al primo posto in Coppa d’Africa con la squadra allenata da Leekens. Il mancino nordafricano ormai non è più una sorpresa e se nel 2014 non avesse detto sì alla convocazione dell’Algeria, ora sarebbe titolare inamovibile della Francia, Paese in cui è nato. Scelta ancora più rispettabile, quella di legarsi alla nazionale che sente più sua.
Mister Dribbling occupa la seconda posizione. Parlo ovviamente di Jay-Jay Okocha, un altro che ha fatto breccia nel mio cuore grazie ai videogames inizialmente (ma quanto era forte? Solo lacrime quando penso al tridente Babangida, Kanu, Okocha). Un Signor Calciatore, anche se spesso discontinuo...e per questo ancora più “africano”. Campione Olimpico nel 1996 e Campione Africano nel 1994 con la Nigeria. Il fatto che Pelè l’abbia nominato tra i 125 calciatori viventi più forti di sempre la dice lunga sulle qualità del fantasista di Enugu.
Jay-Jay avrebbe potuto ambire al Pallone d'Oro, con un po' di continuità in più.
Un altro calciatore attuale, sul gradino più basso del podio. Caratteristiche opposte rispetto ai primi due. Parlo di Yayà Touré, Costa d’Avorio. Il perseguitato da Guardiola, per intenderci. Fisico straripante, tecnica eccellente e carisma a vagonate. Dal 2011 al 2014 il Pallone d’Oro Africano è stato sempre suo, altro che Messi e Ronaldo. E il primo posto in Coppa d’Africa con gli Elefanti nel 2015 è segno di quanto abbia sempre tenuto alla propria nazionale, nonostante le gioie e le soddisfazioni europee. A settembre ha lasciato la nazionale, dopo più di 100 partite, molte delle quali con la fascia di capitano sul braccio. Un motivo in più per amarlo? Il coro dedicato a lui e al fratello Kolo.
Un coro che ormai non conosce più limiti. IL coro, secondo solo a quello creato per Will Grigg.
Infine, Mahmoud El-Khateeb, per tutti Bibo. Unico egiziano capace di vincere il Pallone d’Oro Africano, nel 1983 e vera e propria istituzione del movimento calcistico egiziano. Dotato di una classe sopraffina, si ritirò prematuramente a causa dei molteplici infortuni e gli fu riconosciuto un premio dal Comitato Fifa Fair-Play per non essere mai finito sul taccuino dell’arbitro in oltre 450 partite nazionali ed internazionali disputate. L’anti delinquente, insomma. Oltre ai 23 trofei alzati con l’Al-Ahly (di cui oggi è vicepresidente), ha vinto la Coppa d’Africa 1986 con l’Egitto, battendo nella finale casalinga il Camerun di Roger Milla ai rigori.
ATTACCANTI
Qui la sudorazione aumenta a dismisura. I nomi si accavallano, le immagini si sovrappongono: gol, esultanze, trofei...i centravanti africani sono da sempre tra i migliori al mondo.
Tra i più forti di sempre, a mio modestissimo parere, non può non esserci George Weah. Inutile narrarne le gesta sportive con le squadre di club, soprattutto al calciofilo del Bel Paese. Poteva scegliere la nazionale francese, con cui avrebbe sicuramente vinto un Mondiale e magari anche un Europeo. Scelse la sua terra, la sua nativa Liberia. Scelse di diventare il simbolo dell’intero movimento calcistico liberiano. Riuscì a portarla per due volte alle fasi finali della Coppa d’Africa e nel 2002, poco prima di ritirarsi, la condusse a un solo punto da una storica qualificazione al Mondiale Nippo-Coreano. Con la maglietta delle Lone Stars non riuscì mai a siglare una doppietta, ma ricordiamo che spesso decideva di giocare libero per poter organizzare meglio la squadra anche in fase difensiva…
George Weah. Capitano, libero (all'occorrenza) e volto principale del calcio in Liberia.
Poi c’è Didier. Didier è immenso. Didier è l’essenza del gol. L’attaccante moderno per antonomasia. Didier è Drogba. Potrei non scrivere altro, sono quasi imbarazzato a cercare parole per descriverlo. Il suo più grande rimpianto rimane quello di non aver mai portato la Coppa d’Africa ad Abidjan, sua città natale tra le altre cose. Due finali raggiunte e perse, nel 2006 contro l’Egitto e nel 2012 contro lo Zambia. Rimangono però i 65 gol in 105 apparizioni con la maglia degli Elefanti. Un’icona ovunque sia stato: Marsiglia (che ancora oggi, svincolato, lo rivorrebbe con sé), Chelsea, Galatasaray, Montreal. E soprattutto Costa d’Avorio.
Medaglia di bronzo per Samuel Eto’o. Basta l’essere stato l’unico calciatore ad aver centrato un triplete per due anni consecutivi con due squadre diverse? Eto’o chiama i trofei. Dove va, vince. E quando torna nella sua amata Africa, nel suo Camerun, la storia non può far altro che ripetersi. Oro alle Olimpiadi del 2000 e 2 Coppe d’Africa (2000 e 2002). Un rapporto, quello con la nazionale, spesso travagliato, ma non certo per l’amore – incondizionato – che Samuel nutre per quei colori. Piuttosto, per una serie di incompresioni con vertici federali, allenatori e compagni di squadra. Non basta certo a scalzarlo giù dalla mia speciale classifica. Eto’o ha dato all’Africa intera quanto ha dato alle sue squadre di club, tanto, tantissimo. Quattro volte miglior giocatore africano dell’anno, al pari di Yaya Tourè. Leggendario.
La remuntada del Camerun, grazie a Mboma e Eto'o, sulla Spagna, nella finale olimpica del 2000.
Ultimo, ma non certo per importanza, Roger Milla. Anche chi, come me, ha potuto gustarsi poco le gesta sportive del camerunense, non può non associare il suo sorriso al calcio africano. Due edizioni della Coppa portano il suo nome marchiato a fuoco. Oltre ad essere stato il marcatore più anziano ad un Mondiale, nel 1994, alla ‘veneranda’ età di 42 anni. In nazionale ci arriva tardi, per gli standard del Continente Nero, a 26 anni. E’ semplicemente il Calciatore Africano del Secolo. A Italia ‘90 ha fatto impazzire tutti col suo indimenticabile balletto sulla bandierina del calcio d’angolo.
Semplicemente il Calciatore Africano del Secolo. Roger Milla.
Ci sono più di un paio di buoni motivi per seguire anche questa edizione della Coppa d’Africa. Perchè tra dieci anni, in questa classifica, potrebbero esserci Bailly, Aubameyang, Salah o i fratelli Ayew. Perchè tra qualche anno, col nuovo format voluto da Re Infantino, ci saranno almeno 4 squadre africane in più ai Mondiali, rispetto ad oggi. Perchè si potrebbe scoprire qualcosa di più su Iheanacho o Mbodji, su Bassogog o Sobhi.
In Europa la competizione viene snobbata, vista come una parentesi della stagione (e provateci voi a giocare in estate, in Africa…). Per gli africani è una festa, il ritorno a casa degli idoli locali e un mese in cui l’Africa diventa il centro del calcio mondiale. Chi ce l’ha fatta porta in campo le speranze e i sogni di chi dall’Africa non riesce o non può staccarsi.
L’Africa è uno stato mentale, ha ragione Eto’o.
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