
- di Giuseppe Orio
Nostalgia canaglia, 1a parte
Siete fan di "Ritorno al Futuro"? Siete preoccupati per il cambiamento climatico? Pensate che i procuratori siano il male del calcio moderno? Ma soprattutto: avete il like sulla pagina "Serie A - Operazione Nostalgia"?
“La nostalgia è la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare”
M. Kundera
Un timido sole riemerge da dietro le nuvole dopo una leggera pioggerellina primaverile, permettendo di chiudere gli ombrelli a tutte le persone che passeggiano lungo il marciapiede, in direzione delle strisce pedonali. Un ragazzino con la testa tra le nuvole, un’anziana signora con le buste della spesa, un uomo a spasso col cane e una coppietta di innamorati avanzano distratti, ciascuno nei suoi pensieri, scavalcando a grandi passi una pozzanghera.
Se dovessi dare un titolo a questo piccolo paragrafetto introduttivo della storia, lo chiamerei “Questione di dettagli”. È un clichè famosissimo, e cela un fondo di verità molto importante. A volte, nella vita, si verificano situazioni in cui i dettagli sono davvero fondamentali: possono fare la differenza fra una buona e una pessima impressione, tra il bravo professionista e quello cattivo, tra un’occasione colta al volo e un rimpianto, addirittura tra la vita e la morte. È davvero impressionante pensare a quanto ciascuno di noi potrebbe cambiare, in positivo o in negativo, la propria vita, semplicemente per esser stato o meno attento a un piccolo particolare. In fondo, uno degli insegnamenti più importanti che derivano dall’aver fatto il Liceo non è proprio quello di imparare ad essere attento ai dettagli? Penso ai ragazzi del Classico, che sono costretti a badare a ciascuno sgorbio, anche minimo, presente sul testo davanti a loro, che potrebbe cambiare anche di molto il senso di ciò che vanno a tradurre, o a quelli dello scientifico, che rischiano di mandare a monte minuti e minuti di impegno semplicemente per aver sbagliato a trascrivere un segno in uno qualunque dell’enorme numero di passaggi in cui può articolarsi la risoluzione di un esercizio.
C’è un famosissimo film al quale sono affezionato che si occupa proprio di questo tema: “Sliding Doors”. L’intera storia può essere riassunta in questa domanda: “Cosa succederebbe ad una giovane donna in base al fatto che riesca a prendere o meno la metropolitana al volo?”.
Riuscire a passare per il rotto della cuffia attraverso le porte della metro in partenza non è forse un particolare insignificante nell’immensa storia della vita di una persona? Eppure, da quel momento la vita della protagonista si sviluppa su due binari paralleli completamente diversi e sta allo spettatore scegliere quello che più preferisce. Analogamente, la vita di ciascuno procede come un treno che ogni giorno, più volte, si trova davanti a numerosi bivi,dove si può imboccare una sola strada. Spesso la differenza fra il prendere una direzione piuttosto che un’altra è, appunto, questione di dettagli.
Carmine è un tipo sveglio. Al momento di attraversare la strada, è sovrappensiero. Prima di attraversare, si volta a sinistra, poi gira lentamente il capo, osserva anche a destra. Quindi, guarda davanti a sé: una coppietta di innamorati ha appena finito di attraversare e adesso si trova sul marciapiede proprio di fronte a lui. Una macchina sfreccia veloce e li elimina temporaneamente dal suo campo visivo. Le strisce pedonali sono libere. Ai suoi piedi c’è una pozzanghera. Nella pozzanghera c’è qualcosa. È un qualcosa di molto strano: basta un’occhiata per rendersene conto. Un ragazzino con la testa tra le nuvole, un’anziana signora con le buste della spesa, un uomo a spasso col cane e una coppietta di innamorati erano troppo distratti per farci caso. Se n’è accorto Carmine, che sa bene quanto è importante essere attenti ai particolari.
Bologna, giugno 2036
Attraverso il vetro appannato del finestrino, scorgo enormi cumuli di neve che risplendono sotto il chiarore lunare. La luce dei lampioni illumina la vecchia ‘600, assai malandata: mancano tutte e quattro le ruote e il vetro posteriore è completamente andato in frantumi.
“Senti, Bino, io qua dentro sto gelando: usciamo dalla macchina e fiondiamoci nel primo posto caldo”.
“Sono d’accordo”.
Dopo cinque minuti di cammino a passo svelto nella neve, finalmente troviamo un pub.
Il posto sembra abbastanza squallido, arredato in stile saloon del far west. Sarebbe completamente vuoto, se non fosse per la presenza dell’anziano oste mezzo appisolato dietro al bancone. L’unico suono è il brontolio del televisore.
Ci sediamo su due scomodissimi sgabelli piuttosto sgualciti e ordiniamo due pinte di birra.
Siamo entrambi stanchi, sorseggiamo i nostri bicchieri con gli sguardi persi nel vuoto. Mentre sono sovrappensiero, la mia attenzione viene catturata dal brusio della tv: “…ci troviamo qui ad Ice Town, dove tra due giorni prenderà il via la ventinovesima edizione dei Campionati Mondiali di Calcio. Stiamo per assistere senza dubbio ad un’edizione storica: non sarà infatti soltanto il primo Mondiale sponsorizzato interamente dalla Ice Company, ma anche la prima competizione calcistica in assoluto disputata completamente in assenza di pubblico. I vertici dell’azienda hanno assicurato che non ci saranno intoppi di alcun tipo ed effettivamente fin qui ho riscontrato un’organizzazione impeccabile. C’è grande attesa per il calcio d’inizio e tanta curiosità: riusciranno le ottantasei sfidanti a sottrarre il titolo ai campioni in carica della Cina? L’unico modo per scoprirlo è sintonizzarvi sui nostri canali a partire da dopodomani, quando si terrà la cerimonia di apertura presidiata dal presidente della Fifa, Mino Raiola. Vi aspettiamo”.
Rimango immobile con il muso nel bicchiere e lo sguardo basso. Do una rapida occhiata a Bino: gli occhi sbarrati, la mano che regge la pinta tremante. Posiamo le birre e ci guardiamo. È evidente che prova il mio stesso stato d’animo: sorpresa, preoccupazione, paura. Gli leggo negli occhi le stesse domande che vorrei fare io. Passano secondi interminabili in cui nessuno dei due ha il coraggio di proferire parola.
“Gino…ma che cazzo è successo in questi vent’anni?” chiede Bino con un soffio di voce.
“Io…io non lo so”.
“Viaggiatori nel tempo, eh?”. L’oste sorride sotto i baffi asciugando vigorosamente un grosso boccale con uno straccio bianco. “Si vede da come siete vestiti. Poi nessuno sano di mente mette piede fuori di casa a quest’ora, di questi tempi: qui fuori c’è una temperatura di -20. Vi vedo piuttosto smarriti…da che anno venite?”
“2016. Senta, può spiegarci che cosa succede? Voglio dire…è tutto così diverso…”
“Ditemi pure, ragazzi. Cosa vi interessa sapere?”
“Beh, partirei dalla cosa più importante: innanzitutto, vorrei capire da dove deriva tutto questo fredd…”, ma Bino mi interrompe all’improvviso: “Come cacchio ha fatto Raiola a diventare il presidente della Fifa???”
“Questa domanda mi meraviglia, ragazzi. Eppure, Raiola era già un personaggio di spicco nel vostro tempo. Voglio dire, nel 2016 era già presidente della FIGC, come mai vi meravigliate tanto?”
“Ma assolutamente no”.
“È evidente che non conoscete bene la storia di Raiola: adesso vi rinfresco un po’ la memoria”.
“Senta, con tutto il rispetto, noi…”
“Fai silenzio, Bino, lascialo parlare. Ho un brutto presentimento”.
“Grazie. Allora, qual è la domanda? Come ha fatto Raiola a diventare l’uomo più potente del calcio mondiale? Partiamo da lontano, dagli anni ’90. È stato in quel periodo che ha costruito le basi del suo impero: il suo grosso merito è quello di aver accumulato una fortuna immensa attraverso…”
“Ma guardi, in realtà negli anni ’90 era ancora molto giovane, non è vero che…”
“Ancora non hai capito, Bino? È evidente che c’è qualcosa di diverso rispetto alla storia che conosciamo noi. Fai silenzio e ascolta”.
“Dicevo, il ragazzo è stato davvero in gamba: la sua competenza calcistica era talmente vasta che gli ha permesso di vincere ingenti somme di denaro di domenica in domenica, consentendogli di accumulare una vera e propria fortuna. Si potrebbe dire che per più di un decennio Raiola è stato un vero e proprio disastro per i bookmakers: le sue vincite sono col tempo diventate leggendarie e le sue puntate sempre più grosse. Basti pensare che le due più floride agenzie di scommesse sono state costrette a chiudere da una settimana all’altra: le ha letteralmente svaligiate. Al sorgere del nuovo millennio Raiola era poco più che trentenne e il suo nome compariva già nelle classifiche degli uomini più ricchi del mondo. Nel frattempo, cominciò a diversificare i suoi interessi, assicurandosi le procure dei migliori giovani del panorama nazionale e internazionale. Nel volgere di pochi mesi, abbandonò completamente il mondo delle scommesse (con somma gioia dei grandi marchi del settore) e dal 2004 si dedicò solo ed esclusivamente all’attività di procuratore. Ma il suo capolavoro, l’impresa che l’ha fatto entrare di diritto nella storia del calcio italiano, l’ha realizzata qualche anno più tardi, quando nel 2011 acquistò la Roma, sottraendola sul filo di lana a Thomas DiBenedetto”.
“Non capisco perché uno degli uomini più ricchi del mondo debba investire soldi e tempo nella Roma quando potrebbe benissimo impegnarsi in affari più redditizi o buttarsi in politica. Comunque sono curioso di sapere come andò”.
“Non trarre conclusioni troppo affrettate, ragazzo. Comunque, l’inizio non fu dei migliori, per usare un eufemismo. La sua prima mossa da presidente fu tanto drastica quanto scioccante per l’intero popolo romanista e non solo: Totti fu fatto fuori dalla squadra in malo modo”.
Inutile che vi dica che nella Capitale ci fu una rivoluzione: all’inizio si videro vere e proprie sommosse popolari, e per più di due anni lo stadio fu completamente vuoto. Ma poi…bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: Raiola allestì uno squadrone. Chiamò a Roma tutti i migliori giocatori dei quali nel frattempo si era assicurato le procure, allestendo una squadra da sogno. Ibrahimovic e Pogba erano le due stelle di una compagine da record che nel giro di poco tempo iniziò a sbaragliare la concorrenza. All’inizio lo zoccolo duro del tifo rimase intransigente, ma col tempo fu impossibile a chiunque rimanere indifferente di fronte ad una squadra capace di vincere ben tre scudetti di fila. Adesso, con cognizione di causa, posso dire che Raiola è stato il presidente più vincente della storia della Roma”.
“E Totti?”
“Ah, Totti, povero Totti…non la prese bene il Capitano, non la prese affatto bene. Rimase un anno lontano dai campi, sconsolato e depresso. Poi tornò: nel 2012 firmò un contratto per l’Atletico Roma, con l’intento dichiarato di portare la terza squadra dell’ Urbe in serie A per sconfiggere sul campo la sua amata, in mano all’ormai acerrimo nemico. Ma le cose non andarono bene. Ormai non era più lui: si era rotto qualcosa nel profondo. Non aspettò neanche che terminasse l’annata per appendere le scarpette al chiodo, una volta per tutte”.
Bino era completamente sbiancato. Mi faccio forza, e pongo un’ulteriore, necessaria, domanda: “E poi?”. Mi accorgo che la mia voce è ridotta a un sussurro.
“Poi nel 2014 vendette la squadra all’apice dei suoi successi, realizzando una plusvalenza pazzesca. Ormai la Roma gli stava stretta e per realizzare la sua ambizione più grande aveva bisogno di una fondamentale tappa intermedia: la presidenza della FIGC. In quell’anno, infatti, scadeva il mandato di Giancarlo Abete, e le circostanze furono particolarmente propizie: vi basti pensare che come unico rivale ebbe solamente un certo Tavecchio, già presidente della Lega dilettanti. Un villico come pochi. Inizialmente Raiola partiva sfavorito dato che il candidato favorito dalla Federazione era Tavecchio, ma quest’ultimo fu protagonista di cadute di stile clamorose, rilasciando imbarazzanti dichiarazioni a proposito di “negri” e “banane”. Ovviamente, come era logico che fosse, fu mandato via tra lo sdegno generale, e non ricoprì mai più alcun ruolo di rilievo nel calcio italiano. Praticamente, Raiola ebbe la strada spianata”.
Saltuariamente, durante il racconto dell’oste, lancio rapide occhiate a Bino: ha lo sguardo perso nel vuoto, credo stia ancora pensando alla storia del povero Totti.
“Come potete immaginare, però, le mire di Raiola erano ben più importanti: egli ambiva al potere vero, che a quei tempi era incarnato da Blatter. Ora, non so descrivervi con precisione i giochi politici, le trame e gli inganni che seguirono, ma so dirvi per certo che nel 2015 scoppiò un gravissimo scandalo che coinvolse Blatter e Platini, i vertici del calcio mondiale. E, in via del tutto confidenziale, non vi nego che ho sempre pensato che fu Raiola a scatenare quel putiferio, con la complicità dei servizi segreti statunitensi e di altri uomini assoldati al suo servizio. E indovinate un po’ chi fu eletto nuovo presidente della Fifa nel 2016?”
“Raiola”.
“Proprio così. Praticamente, nel giro di poco più di dieci anni, grazie al suo ingente patrimonio e ad una proverbiale scaltrezza, è riuscito a scalare tutte le gerarchie del calcio mondiale. E adesso potete anche capire perché nel 2004 tra tante strade decise di percorrere proprio quella del calcio. Hai un’idea precisa di quanti soldi fattura la Fifa ogni anno, ragazzo?”
“No”.
“Ti sei risposto da solo. La Fifa è un organismo sovranazionale spesso indifferente a molti, ma dove gira una quantità di denaro impressionante. Il calcio ha rappresentato per Raiola un investimento più redditizio di tante altre aziende, sgravato inoltre dal peso di dover rispondere a chicchessia del proprio operato, cosa che sarebbe accaduta qualora avesse scelto la via della politica. Ecco la risposta alla tua domanda di prima. Raiola oggi è il capo della Fifa: una delle persone più ricche e potenti del pianeta”.
“Senta, io avrei un’altra domanda: vorrei capire da dove deriva tutto questo fredd…”, ma vengo interrotto nuovamente da Bino: “Che senso ha fare i mondiali in Antartide?”
“Come avrete notato, le temperature si sono abbassate notevolmente rispetto a vent’anni fa. Purtroppo, ci troviamo di fronte ad una riduzione dell’attività solare e dobbiamo farci i conti:
Dietro al Mondiale c’è la Ice Company, azienda fondata pochi anni fa e specializzata in costruzioni a base di ghiaccio: dal 2026 è partito un progetto a lungo termine che ha portato alla realizzazione di un’intera città al Polo Sud, Ice Town, all’interno della quale sono stati costruiti ben cinque stadi ghiacciati dove si svolgerà l’intera manifestazione”.
“Ma per quale motivo hanno deciso di organizzare un Mondiale lì? Nessuno ha pensato ai tifosi? Non c’è un briciolo di tradizione calcistica in Antartide”.
“Alla Fifa se ne fregano della tradizione quando c’è qualcuno che paga bene, dovreste saperlo”.
“Ma cos’è quella storia delle ottantasette squadre?”
“I dodici club della Super World League (SWL) hanno combattuto per anni una dura battaglia contro le partite di qualificazione ai Mondiali: ad un certo punto non hanno più tollerato l’idea che un atleta pagato 60-70 milioni di dollari annui potesse subire anche solo una piccola distorsione giocando con la propria Nazionale, per non parlare poi degli infortuni più seri. Hanno messo in atto pressioni sempre maggiori, finchè non hanno ottenuto il loro obiettivo: tutte le partite fra Nazionali, sia amichevoli che di qualificazione, sono state abolite. Raiola ha, così, deciso di snellire la procedura di accesso al Mondiale permettendo a qualunque squadra del globo di parteciparvi, tramite il pagamento di una somma di denaro dell’ordine di qualche milione di dollari (riservandosi una percentuale tutta per sé su ciascuna quota). In questo modo tutte le squadre dei Paesi Sviluppati possono prendervi parte. Inoltre, attraverso questo sistema si è ridotto l’intervallo di tempo tra un Mondiale e l’altro: ora siamo in media a un’edizione ogni uno-due anni”.
“S-Super…Super- World cosa?”
“Super World League: l’unico, grande, eccezionale, campionato mondiale per club. Negli anni ’20 del 2000, per ricavare il massimo dalla vendita dei diritti televisivi, si è deciso di eliminare qualunque competizione per club esistente sulla Terra, nazionale e internazionale: dalla Serie A alla Premier, dalla Champions alla Copa Libertadores…sono state cancellate tutte. Non solo, anche tutte le squadre del passato sono sparite o sono diventate delle academy in cui i giovani talenti possono crescere e formarsi prima del grande salto nella SWL. Non c’è che dire: con Raiola in cabina di regia, sono riusciti a creare un prodotto unico e inimitabile. D’altronde, in quale altra competizione al mondo si sarebbero potuti affrontare settimanalmente colossi come i Los Angeles Devils o i Disney’s Sidneys?”
“Ma che squadre sono?”
“Ai vostri tempi non esistevano ancora, ma sappi che sto parlando delle due principali contendenti per il titolo della SWL 2035/36.
I Los Angeles Devils sono nati nel 2019, quando i Glazer, ormai stufi per la cronica mancanza dei risultati del Manchester United post-Ferguson, hanno deciso di trasferire la squadra in California, chiamando David Beckham in panchina e allestendo una rosa di atleti fighi in grado di sfondare anche come attori a Hollywood. L’esperimento ha premiato: grazie agli enormi incassi cinematografici, i ricavi sono aumentati sempre di più, e la rosa è stata rafforzata anno dopo anno, fino a divenire una delle superpotenze mondiali del calcio contemporaneo.
I Disney’s Sidneys sono la principale squadra di calcio australiana: nel 2022 la Disney, dopo aver comprato e annesso a sé l’ultima multinazionale del settore mediatico rimasta fuori dalla sua orbita, ha deciso di ampliare i suoi interessi investendo nel calcio e ha scelto come target un Paese ancora relativamente vergine in tal senso come l’Australia. Oggi, grazie ai milioni derivanti dalla proficua sponsorizzazione, “i Canguri” sono un colosso del calcio mondiale e attualmente sono primi in classifica. Anche se, devo essere sincero, questo campionato è atipico: nessuno si sarebbe aspettato un crollo verticale come quello che sta avendo il GSP dopo tanti anni di trionfi”.
“GSP? Immagino sia il nuovo nome del Paris Saint Germain. Non mi sorprende che le squadre europee continuino a dominare, dopotutto la tradizione…”
“No, no, ma cosa hai capito? Il GSP non ha niente a che fare con la compagine parigina. Mi riferisco ai Golden State Pechin’s: la squadra della capitale cinese. Allestita nel 2027 da una cordata di miliardari asiatici, vanta il più vasto numero di tifosi al mondo”.
“Ma scusi, ma come…come è possibile tutto questo? – Bino è ormai in lacrime – E l’Europa? Che fine hanno fatto il Real, il Barcellona, il Bayern e tutte le grandi squadre europee?”
“Il Vecchio Continente ha perso la sua storica egemonia calcistica da tempo ormai. Tuttavia, come hai giustamente sottolineato, esso, sebbene non riesca a stare al passo, rappresenta la tradizione. Per questo motivo, si è deciso di scegliere un’unica squadra che rappresentasse l’intera Europa a cui concedere il pass per la SWL. Si è pensato che comunque fosse giusto non dimenticarsi totalmente delle radici”.
“Su quale squadra è ricaduta la scelta? Qual è l’ultimo baluardo del Vecchio Continente? Il Milan? Il Liverpool?”
“No e no. Dopo una lunga riflessione, il presidente Raiola ha deciso che la squadra ideale sarebbe stata il Manchester City degli sceicchi”.
Bino sta uscendo fuori di corsa. Temo abbia un conato di vomito.
Bologna, novembre 2016
Un sorridente Roberto Baggio mi scruta, tenendo fra le mani il Pallone d’Oro. Più del celebre codino, ciò che mi colpisce è l’abbigliamento del fuoriclasse. Sarà quella maglia azzurra di taglia larghissima, così “anni ’90”, o quella maglietta della salute che arriva su su fino al collo…fatto sta che il grande campione ha un’atmosfera casereccia, familiare, umana. Scatta immediato il paragone coi fenomeni attuali, vestiti spesso con completi super-attillati che mettono in risalto una muscolatura scultorea che li fa sembrare dei fotomodelli. Roby è così diverso da loro…si potrebbe dire agli antipodi. Probabilmente è anche per questo che viene considerato alla stregua di una divinità da tutti i nostalgici.
Distolgo lo sguardo dal poster e rispondo al mio amico: “Per carità, Nappi era forte. Ma non credo che, se giocasse adesso in Serie A, sarebbe capocannoniere”.
Bino alza la testa dal cofano su cui sta lavorando, e mi guarda dritto negli occhi, serio in volto: “Gino, non scherzare: Nippo Nappi ha avuto soltanto la sfiga di nascere nel periodo d’oro del calcio italiano. Oggi farebbe tranquillamente parte del giro della Nazionale. Nulla a che vedere con bamboccioni come Zaza e Pellè”.
Lascio cadere il discorso: è inutile insistere.
Conosco Bino da tanti anni, è un piacere andarlo a trovare la domenica pomeriggio nel suo garage, mettere su “Tutto il calcio minuto per minuto” e discorrere di pallone mentre ripara la sua vecchia ‘600 del ’55. Sono mesi che ci sta lavorando. Ogni tanto ho provato a chiedergli se non sarebbe meglio rottamarla e comprarsi un modello nuovo, ma non ne vuol sapere: “Giammai! Quest’ automobile è storica per la mia famiglia: è stata la prima utilitaria di mio nonno, la macchina in cui mio padre ha iniziato a guidare e il luogo dove è stato concepito mio fratello. Quest’ auto ha visto gli anni migliori del nostro Paese e del nostro calcio e non me ne sbarazzerò mai. E poi, lasciami lavorare, che non sai cos’ ho in mente. Ti ho detto che oggi sarà un gran giorno, ho quasi finito”.
Il fatto è che il mio amico Bino ama tutto ciò che è vecchio, passato: la ‘600, i film in bianco e nero, le polaroid, Pippo Baudo, il telefono a fili, il cinema monosala, i vinili… devo continuare? Tempo fa è stato persino visto in giro con una tardona: “Lei ha una maturità che non trovi nelle ventenni di oggi”. Non ci trovo neanche l’osteoporosi, se è per questo.
Una volta ha esagerato. Eravamo allo stadio, incontrammo un ragazzino che ebbe il coraggio di affermare che “il vero Ronaldo è solo uno: Cristiano!”. Fu come una miccia. Bino aveva gli occhi iniettati di sangue: gli si sarebbe scaraventato addosso se non l’avessi placcato tempestivamente.
Ora, non voglio che pensiate male di Bino. Bino è ok: ha solo questo piccolo difetto di essere uno po’ troppo fissato con la nostalgia, ma chi di noi è esente da imperfezioni?
“Diamo subito la linea a Palermo, ci segnalano il raddoppio della squadra di casa”. La voce meccanica del radiocronista rompe il flusso dei miei pensieri.
“Certo che su una cosa devo darti ragione, Bino: è davvero squallido che la domenica pomeriggio si giochino solo 3-4 partite. Le più squallide del tabellone, per giunta”.
“È uno dei mali del calcio moderno, Gino. Ma tra poco tutto cambierà”.
Avvita un bullone, poi posa la chiave inglese e chiude il cofano. Ammira la sua opera, sfregandosi le mani, soddisfatto: “Dovrei aver terminato il mio lavoro, finalmente”.
“Hai finito di mettere a posto questo rottame?”
“Si, stavolta ci siamo proprio. Direi che possiamo andarci a fare un giro”.
“Ma anche no”.
“Stai zitto e ascoltami. Il mondo del calcio è marcio: i giocatori sono dei bambocci viziati in mano ai procuratori. Non esistono più bandiere, gli stadi sono vuoti, i presidenti di una volta sono morti o sono stati costretti a vendere a investitori stranieri, gli allenatori…”
“E dai, Bino, me l’hai fatto mille volte ‘sto discorso! Dove vuoi arrivare?”
“Ho costruito questa macchina del tempo per risolvere tutti questi problemi. Andremo nel 2004 da Roberto Baggio, gli diremo che veniamo dal futuro e che vogliamo evitare la deriva che il calcio italiano ha preso negli ultimi anni. Gli parleremo di questa decadenza e gli spiegheremo che l’unico modo per salvare la situazione è che lui continui a giocare ancora, fino ai giorni nostri se necessario. D’altronde, se Totti è ancora in attività ad altissimi livelli a 40 anni suonati, perché non credere che Il Divino possa arrivare fino ai 50? Baggio continuerà a calcare i campi del massimo campionato di domenica in domenica e sarà un toccasana per tutto il movimento. Sono sicuro che con lui gli stadi si riempiranno in ogni occasione. E poi, farà sicuramente da traino per altri campioni che magari rinunceranno a loro volta ad appendere le scarpe al chiodo. Gente come Batistuta, Trezeguet, Maldini, Zanetti, continuerà a giocare ben oltre l’età biologica un tempo scelta come limite: in un contesto così scadente come la Serie A degli ultimi dieci anni, certi campioni faranno sempre la differenza. E non solo: saranno una guida e un esempio per tutte le nuove leve, che così impareranno cosa significa l’attaccamento alla maglia e l’amore incondizionato di una tifoseria. Non cresceranno mai più mele marce come Balotelli, o meglio cresceranno con sani valori perché avranno campioni del genere a fargli da guida e da chioccia. Un diffuso risanamento morale della categoria dei calciatori nel suo insieme sarà un anticorpo potentissimo contro l’ingresso nel calcio di figure viscide e amorali che antepongono il vile denaro a tutto il resto: i procuratori che oggi spadroneggiano non prenderanno piede, saranno estirpati alla radice come erbacce! Ho pensato a tutto, Gino, siamo a una svolta epocale! Che te ne pare?”
“Ma Baggio aveva un ginocchio a pezzi quando si è ritirato”
“Non dire sciocchezze! Sei anche tu un bimboBernardeschi? Baggio è Dio: può giocare anche con un piede solo e renderebbe comunque più dei pivellini attuali. Coraggio, sali a bordo, andiamo!”
“Ma come facciamo a partire?”
“È facilissimo! Metto in moto, inserisco la prima, tiro giù questa apposita leva e do un leggero colpettino all’acceleratore: grazie a un elaborato sistema di congegni che ho montato nel motore basterà selezionare la meta prescelta su questa tastierina e nel giro di qualche secondo saremo trasportati nel passato”.
“Ma come hai fatto a progettare ‘sta roba?”
“Se voi giovani d’oggi anziché chiudere tutte le finestre che si aprono quando volete guardare un film in streaming vi degnaste di dare un’occhiata a quello che c’è scritto, lo sapreste fare senza problemi: spiega tutto lì. Un mio amico è stato a sentire a uno che gli spiegava come fare soldi ed è diventato milionario con quella roba”.
“Senti, ma…visto che possiamo viaggiare nel tempo, perché andare subito da Baggio? Abbiamo possibilità illimitate, potremmo fare tante altre cose prima e…”
“Non se ne parla! Ho creato questa macchina del tempo con il solo scopo di salvare il calcio italiano: non la useremo per scorrazzare in giro di qua e di là. E poi, è pur sempre una vecchia ‘600…può fare tre, massimo quattro viaggi, non di più”.
“Ok, allora ascolta. Sono d’accordo con te, ci sto: andiamo da Baggio, ci parliamo e sistemiamo la situazione. Prima, però…un desiderio ce l’avrei. Sono campano. Sono nato nel ’92. Maradona ha lasciato il Napoli nel ’91. Regaliamoci questo sogno: rechiamoci lì, a vedere el Pibe dal vivo! Poi andiamo subito da Baggio e siamo tutti contenti. Che ne dici?”
“Devo pensarci, non so se è il caso…”
“In fondo anche Maradona è nostalgia!”
“Mi hai convinto! Scendi dalla macchina, prendi il vecchio almanacco del calcio del 2004 nel mobiletto accanto al poster di Baggio”.
Apro l’almanacco e vado alla stagione 1986/87. “Che ne dici di andare a Napoli il 26 aprile 1987? C’è stato un Napoli-Milan 2-1, con reti di Carnevale, Maradona e Virdis. Due settimane dopo, il Napoli vincerà lo scudetto. Mi pare una buona meta, non trovi?”
“Mi piace! Un attimo che inserisco i dati…Maradona ci aspetta!”
Brividi.
FINE 1a PARTE.
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Salernitano, classe 1992. Laureato in Medicina e Chirurgia a Bologna, ma solo perché la Facoltà “Storia del calcio e filosofie dei sistemi di gioco” ancora non è stata inventata. Tifoso del Chievo dai tempi in cui i “Mussi” volavano per la prima volta in Serie A, sono innamorato di questo sport per la quantità incredibile di storie che è in grado di offrire.
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