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8 min

- di Davide Rovati

Golden generation on the road?


Può una squadra indicata come “possibile sorpresa” di un torneo soffrire la pressione derivante da questa investitura? Forse sì, se il pronostico è unanime (fatto insolito per una “sorpresa”) e soprattutto se la squadra in questione mette insieme la generazione calcistica più forte della storia di una nazione intera. Come all’ultimo Mondiale, il Belgio sa che in Francia dovrà nuovamente vestire i panni scomodi del più scontato fra i dark horses; a differenza dell’ultimo mondiale, questo sembra essere il momento buono, se non altro dal punto di vista anagrafico, perché la nidiata ‘87-’93 raccolga un risultato di rilievo.


Coach Marc Wilmots è una leggenda del calcio belga, ma da allenatore la sua carriera non è ancora decollata: dopo un paio di esperienze fallimentari con le squadre di club, è stato promosso c.t. ad interim dal ruolo di vice-allenatore, ritrovandosi fra le mani una fra le rose più interessanti del panorama europeo per qualità ed età media. Finora, però, non si può dire che abbia contribuito a valorizzare appieno il capitale umano a sua disposizione.

Il primo appuntamento importante di questo ciclo è stato una mezza delusione. Il Belgio che è arrivato - faticando - ai quarti di finale ai mondiali brasiliani era una squadra impacciata e prevedibile, con grossi problemi di compatibilità a centrocampo e una manovra che si accendeva perlopiù con gli spunti di un De Bruyne devastante. In questo biennio Wilmots avrà trovato la chiave per far coesistere i suoi maggiori talenti?

Modulo e stile di gioco

Nelle qualificazioni, Wilmots ha alternato due moduli, il 4-3-3 e il 4-2-3-1. Il tecnico ha già reso noto che la prima scelta per sostituire capitan Kompany, infortunato, sarà il giovane Denayer, anch’egli di proprietà del Manchester City, quest’anno in prestito al Galatasaray. La formazione-base sembra dunque essere questa:

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Il passaggio fra i due moduli è fluido: con questa configurazione, dipende dalla posizione di Fellaini, che spesso si alza e funge da riferimento centrale per i lanci della difesa o per i cross dalle fasce; diversamente, la scelta di Wilmots è stata quella di schierare due mediani in linea, spostare De Bruyne trequartista con libertà di movimento su tutto il fronte d’attacco e aggiungere un’ala - Mertens o Ferreira Carrasco le prime opzioni.

Per il ruolo di prima punta, Lukaku e Benteke appaiono in costante ballottaggio, ma nessuno dei due ha convinto finora dal punto di vista realizzativo: appena un gol in tutte le qualificazioni per il centravanti del Liverpool, addirittura zero per il “rivale” dell’Everton, che però ha segnato due volte in amichevoli di prestigio.

Il Belgio sembra non aver ancora trovato una precisa identità di gioco. Wilmots vuole giocare un calcio di possesso ragionato, con una circolazione ampia del pallone e la creazione di superiorità numeriche locali in prossimità degli angoli dell’area, per guadagnare il fondo oppure per cercare lo sfondamento in area con una combinazione rapida. Ammesso (e non concesso, come vedremo) che questo sia il modo migliore per valorizzare le caratteristiche degli uomini a disposizione, l’esecuzione del piano desta più di qualche perplessità.

In 45’’di costruzione non pressata i tre centrocampisti centrali toccano la palla due volte, una Fellaini, una Witsel, effettuando due retropassaggi. La frustrazione porta a due lanci forzati del terzino destro Alderweireld, che può scegliere solo se tornare per l’ennesima volta da Kompany o se buttarla in avanti.

Vuoi per incompatibilità fra i giocatori, vuoi per carenze tattiche, il centrocampo del Belgio dà spesso la sensazione di essere un reparto fragilissimo. Già in Sudamerica sembrava evidente che la compresenza di due giocatori compassati come Witsel e Fellaini - due fra i veterani del gruppo - sarebbe stata difficile da sostenere per via di un notevole deficit dinamico. Wilmots ha ovviato puntando forte su Nainggolan, inspiegabilmente assente in Brasile, insostituibile invece durante le qualificazioni.

Gli equilibri del reparto, però, non sono migliorati sensibilmente in nessuna delle due fasi. Spesso i tre perdono le distanze, si scollano, faticano a funzionare in sincronia.

Non si capisce bene come dovrebbe essere organizzato lo scivolamento della squadra sul tentativo di pressing di Fellaini: De Bruyne corre pigramente all’indietro, gli altri due centrocampisti stanno fermi a pochi metri di distanza. Con due passaggi semplicissimi in verticale la Bosnia crea un potenziale pericolo. Sulla palla persa appena successiva, il Belgio tenta un contro-pressing in zona palla, ma i tempi sono sbagliati.

Axel Witsel, classe ‘89, titolare della Nazionale da quando aveva 19 anni, è sempre stata la prima scelta nel ruolo di mediano davanti alla difesa nel 4-3-3. Centrocampista tecnicamente ineccepibile, ha il difetto di non eccellere né in doti di regia, né nelle coperture difensive, oltre ad apportare ben poca intensità in fase di non possesso. Fellaini, classe ‘87, è importante soprattutto come punto di riferimento per via del fisico imponente (194 cm x 85 kg): segna tanto e funge da calamita, nonché da punta aggiunta, per le palle lunghe e i cross che spiovono in area. Come centrocampista, tuttavia, ha enormi lacune tattiche e decisionali e le sue movenze goffe non aiutano lo sviluppo del gioco palla a terra.

In questo quadro non è comprensibile l’accantonamento di Mousa Dembélé (un solo match giocato con i “Diavoli Rossi” in tutto il 2015), soprattutto visto che è reduce da una stagione del genere:

Grazie a queste performances è anche stato nominato nella top-11 dei maggiori campionati europei secondo Whoscored, che gli ha dedicato questo approfondimento. L’altro centrocampista al suo fianco nel “Dream Team” è Paul Pogba.

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Il centrocampista del Tottenham ha doti tecniche sopraffine (fino all’approdo in Inghilterra era considerato un’ala), ma schierato da mediano nel 4-2-3-1 di Pochettino ha impressionato per la continuità di rendimento e l’efficacia in fase difensiva. Sia per la coppia - magari con Nainggolan - sia per il ruolo di schermo davanti alla difesa, dirottando Witsel nella posizione di mezzala, Wilmots dovrebbe prendere la sua candidatura in seria considerazione.

Il commissario tecnico belga chiede un grande lavoro di accompagnamento ai suoi terzini: come detto prima, una delle armi migliori del Belgio è la creazione di superiorità numeriche in zone ristrette del campo, fra gli half-spaces e la fascia, per azionare le rapide combinazioni fra i suoi trequartisti oppure per mandare un terzino in sovrapposizione sul fondo. Peccato che di terzini di ruolo il Belgio ne abbia ben pochi: i titolari sono due adattati, Vertonghen e Alderweireld, entrambi scuola Ajax, entrambi difensori centrali al Tottenham. Pur dotati di solidi fondamentali tecnici, il cross in corsa non rientra fra le loro peculiarità.

L’atteggiamento offensivo dei terzini, unito alla scarsa protezione fornita dal centrocampo, espone inoltre la difesa a buchi (talvolta voragini) in zona centrale.

Sarebbe un 6vs5 gestibile proteggendo l’area e mandando l’avversario verso l’esterno, ma il terzino non stringe, un centrale esce frettolosamente, l’altro segue il taglio di Pellé e Witsel si addormenta sull’inserimento di Eder che sbaglia un gol fatto.

Il primo gol del Portogallo è tragicomico. Se ve lo state chiedendo: sì, quello che esce sul portatore di palla è il centrale di destra (Denayer); sì, al momento del passaggio ci saranno 15 metri di distanza fra i due centrali; sì, il terzino sinistro non ha la più pallida idea di quale posizione tenere. Anche il secondo gol illustra bene la fragilità del Belgio nel cuore della sua area.

https://youtu.be/hYlKMqny86I?t=1m40s

Facendo scorrere l’ultimo video vedrete invece il gol di Lukaku, ben rappresentativo del tipo di azione avvolgente che Wilmots vorrebbe vedere più spesso dai suoi. Un’azione anche disordinata, nella quale c’è bisogno dell’avanzamento palla al piede di un difensore centrale per creare la superiorità buona per destrutturare le linee avversarie, ma tutto sommato un’azione molto efficace perché libera un uomo per un cross comodo e porta tanti potenziali ricevitori a occupare l’area.

Nell’amichevole giocata a novembre contro l’Italia, suo avversario nel girone degli Europei, il Belgio ha palesato tutti i limiti illustrati finora, ma ha messo in mostra due armi che saranno indispensabili nelle partite contro avversari di pari rango: la personalità e il contropiede.

Nel secondo tempo, col risultato fermo sull’1-1, dopo aver rischiato più volte di subire il gol del sorpasso il Belgio ha giocato qualche minuto di pressione alta davvero convincente, mettendo sotto gli azzurri sul piano del ritmo e trovando il vantaggio con De Bruyne dopo una palla recuperata. In una partita giocata a viso aperto da entrambe le squadre, i "Diavoli Rossi" hanno trovato ampi spazi per le ripartenze e hanno messo in mostra uno strapotere atletico invidiabile, unito a una buona intesa nell’attaccare gli spazi coralmente.

La capacità di ribaltare il campo e la consapevolezza di potersi appoggiare su giocatori fisicamente dominanti quando la manovra non è ben oliata potrebbero rappresentare per il Belgio delle grandi ancore di salvezza nei momenti difficili.

Uomo chiave

La scelta è scontata, ma non può che ricadere su Kevin De Bruyne, reduce da una stagione sopra le righe al ritorno in Premier League e completamente recuperato dall’infortunio che lo ha tenuto fuori per più di due mesi.

A quasi 25 anni, De Bruyne è un giocatore maturo, efficace, determinante, da considerarsi all’altezza dei migliori al mondo nel suo ruolo.

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De Bruyne ha una caratteristica che lo rende indispensabile nello schieramento belga: è uno dei pochi giocatori del pacchetto avanzato a non chiamare sempre la palla sui piedi. Hazard ama ricevere e puntare l’uomo, Mertens non ne parliamo, Lukaku e Benteke vengono usati spesso come perno per le combinazioni rapide con i trequartisti.

De Bruyne, soprattutto quando viene schierato in posizione di trequartista con libertà di svariare per il campo, ha un set di movimenti senza palla ben più variegato che rende più fluida e verticale la manovra. Generalizzando, si può dire che De Bruyne dimostra di dominare il tempo e lo spazio delle esecuzioni e che tutta la squadra risente del ritmo che lui decide di imprimere ai propri smarcamenti. Se serve un “trigger” per avviare l’azione dal basso, cerca di farsi vedere dietro ai centrocampisti per ricevere rasoterra dai difensori. Se la circolazione si sta arenando sulla fascia, è il primo a fornire supporto e a smistare immediatamente la palla, per cercare di spostare la difesa. E se l’unica soluzione è prendersi un tiro da fuori, non ci pensa due volte.

Non so nemmeno se quel passaggio di Nainggolan fosse per lui, ma l’inserimento perfetto dietro la prima linea italiana dimostra intelligenza, intuito e reattività. Sono queste le caratteristiche che fanno di De Bruyne un giocatore letale, ancor prima delle sue eccellenti doti tecniche.

Mi piace tuttavia affiancare a questa prevedibile nomination altri due nomi del pacchetto offensivo molto meno quotati, Yannick Ferreira Carrasco e Michy Batshuayi. Partiranno entrambi dalla panchina, ma sono convinto che potrebbero rivelarsi decisivi a gara in corso: sono due giocatori freschi, moderni, dotati di grande progressione e buoni mezzi tecnici. Del resto, si consideri che fra i titolari annunciati Hazard e Benteke hanno avuto stagioni disastrose (anche se il numero 10 sembra essersi ritrovato proprio in tempo per gli Europei) mentre Lukaku in Nazionale non ha ancora espresso il potenziale che la Premier League ha potuto ammirare.

Il gol del 3-1 contro l’Italia, ad avversario stanco e distratto, mostra benissimo le qualità dei due classe ‘93: le doti tecniche funamboliche dell’ala dell’Atletico, lo smarcamento e il senso della porta della punta del Marsiglia. E negli spazi larghi, a mio parere, possono fare ancora più male.

Pronostico

Credo che le possibilità che il Belgio arrivi in finale siano più o meno equivalenti alle possibilità che esca al primo turno, cioè piuttosto basse, ma non nulle. Il girone con Italia, Irlanda e Svezia è equilibrato ma non proibitivo e la nuova formula dell’Europeo concede una chance anche a chi dovesse sbagliare una partita, ma vedo troppi difetti in questa squadra per pensare che la prima formazione forte che incontreranno non li possa mettere a nudo. Realisticamente, i quarti o le semifinali potrebbero rivelarsi uno scoglio insormontabile per questo Belgio. Rimane il fatto che in un torneo così breve e incerto, in cui la condizione psicofisica dei giocatori chiave può fare una differenza abissale, tutto può succedere: e questo Belgio sembra la classica squadra dalla quale non sapere mai cosa aspettarsi.

Sono convinto che la compagine di Wilmots, disorganizzata ai limiti dell’anarchico, piena di talenti individualisti e difficili da bilanciare, dovrà far valere l’esuberanza e la classe dei suoi uomini più in forma, senza usare troppo il fioretto. L’allenatore, dal canto suo, dovrebbe ragionare sugli equilibri difensivi e sull’organizzazione delle transizioni, ma soprattutto prepararsi a eventuali esclusioni dolorose dall’11 di partenza per premiare i giocatori che offrono maggiori garanzie sul piano della condizione fisica.


 

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Cresciuto a pane e spinaci, sono allergico agli spinaci. Ciononostante mi piace tanto la musica: ne parlo, ne scrivo, la scrivo, la suono. Tifoso di Juventus e Peter Sagan. Nel calcio non c'è nulla di più bello di un passaggio filtrante.

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