
- di Jacopo Landi
Addio Johan
{Oggi muore il calcio}
“La notizia è breve, semplicemente ho deciso di smettere di fare il calciatore”
Marco Van Basten, 1995.
“Oggi muore il calcio. Muore Johan Cruijff”
24 marzo 2016.
{Il figlio diventa padre e il padre diventa figlio}
Oggi muore il calcio. Muore il gioco del calcio. Ma soprattutto muore la fantasia al potere.
Si è spento il più grande di tutti, si chiamava Johan Cruijff, ma si legge “gioco del calcio”.
Queste poche righe sono figlie di un dolore che conferisce una dimensione diversa a quello che per molti è soltanto un gioco, sono righe permeate di un dolore profondo che va al di là della perdita dell’uomo, del campione e della figura sportiva. Queste righe sono figlie del dolore per la perdita della fantasia, della possibilità per ognuno di fare la differenza su un campo di calcio. Correre in un sorriso, riuscire a segnare un gol che si riteneva irrealizzabile. Issarsi sul trono della fantasia seducendola e da essa venirne sedotti.
“Per giocare al calcio devi sapere fare due cose: stoppare la palla e saper passare la palla. Se non sai stoppare una palla, non sai neanche passarla”.
Quello che accomuna tutti i grandi campioni è la capacità di trovare il movimento nell’assenza di questo. La dinamicità nell’immobilismo. Nel capire come il rallentare un’azione conferisca a questa stessa una forza prorompente che squarcia tutto il resto.
Johan Cruijff è stata la sublimazione di questo concetto e di mille altre essenze. Una scheggia di adrenalinica passione che ha cambiato il mondo. Sia concettualmente, rendendo conscio il calciatore di una dignità (e una coscienza di sé stesso), che fino ad allora non gli erano mai appartenute, sia mostrando meraviglie che mai si erano viste sopra un rettangolo verde e mai più, purtroppo, si vedranno.
La sua magia nasce e si compie nella mistica intelaiatura rapsodica che era il suo modo di concepire e giocare al calcio. Un’eleganza senza precedenti o pari che si fondeva a una velocità fulminante per compiersi in una fantasia che non compete agli uomini.
Ego, contraddizioni, bellezza e sfortune. Johan Cruijff non è mai stato un uomo, ma una leggenda tra i suoi simili. Un’emozione tanto intensa da creare dipendenza e ricordi scioglievoli nelle generazioni a venire.
Una poesia sussurrata a una donna sedotta. Un bacio strappato appena prima dell’oblio. Un momento felice a cui aggrapparsi nei sali e scendi della vita.
Johan Cruijff è il calcio e sempre lo rimarrà. Immutato nel cuore di chi lo ha amato, odiato ma mai ignorato.
Oggi il calcio muore e ascende lassù da dove un Dio giocherellone se lo è inventato per impreziosire l’esistenza di creature così diverse, così capaci di grandi e spaventose cose, che l’unico modo per accomunarli era metterli a rincorrere la vita eterna su un manto erboso. Un calcio verso la gloria. Una partita per vincere il diritto a non morire mai.
{Il lutto per il suo ritiro anticipato non si è estinto e mai si estinguerà}
Carmelo Bene sul ritiro di Marco Van Basten
{Il lutto per la sua scomparsa anticipata non si è estinto e mai si estinguerà}
Ancora una volta il figlio diventa padre e il padre diventa figlio
Arrivederci, Mr Johan
Jacopo Landi
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Nato il 6 aprile del 1988 a Milano figlio orgoglioso di una città che ama con odio. Nelle vene sangue misto che ne fanno un figlio del mondo senza fissa dimora. Tra un gin tonic e un whiskey ben concepito ha consacrato la propria esistenza all’arte della buona musica con De Andrè, Shane McGowan e Chat Baker a strapparsi pezzetti di anima. Il cinema come confessione condivisa. L’amore per la beat generation e per quel mostro di James Dean. Interista con aplomb anglosassone per il gioco più bello del mondo. Crede che verranno tanti giocatori meravigliosi ma più nessuno con la corsa di Nicolino Berti.
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