8 Febbraio 2016
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Ti ricordi quando c'era il calciomercato invernale


Era il gennaio del 2011 e la Juventus effettuava, più o meno consapevolmente, uno degli acquisti più lungimiranti ed efficaci della sua storia recente. Andrea Barzagli rappresentava un'occasione e un acquisto d'emergenza: arrivò nel mercato di riparazione. Un mercato sempre meno considerato nel calcio di oggi, dove si vuole trasmettere l'idea che l'anno venturo è già del tutto programmato.


Mi si nota di più se i miei giocatori si trasferiscono nel calciomercato invernale, o se non si trasferiscono affatto?. Mino Raiola non l'ha mai detto ma di certo i suoi gioielli "non si muovono a gennaio". Eppure il calciomercato invernale esiste: è vivo anche se non lotta più insieme a noi, dimenticato in parte dai tifosi ma soprattutto dagli addetti ai lavori.

Questa non è un'operazione nostalgia. È difficile rimpiangere le ere in cui i migliori club d'Italia si affannavano per portare a casa chiunque, pur di essere sui giornali e avere lo scettro di regina di mercato. È più una presa d'atto, un dato che il calcio si porta dietro da qualche anno ma che non ha ancora elaborato: la stanca crisi del mercato di riparazione.

Un uomo, un meme.

siamo

Adriano Galliani ha portato alla storia il suo "Siamo a posto così": eppure sembra essere il pensiero di buona parte dei professionisti del settore. Sembra essere il nuovo andamento generale del calcio europeo, in cui il mercato invernale si è chiuso sì con i botti ma in uscita, verso la Cina.

[Nicolò ha studiato per Sportellate il curioso caso del Jiangsu]

Di fatto, anche tra gli stessi tifosi comincia a diffondersi la convinzione che è fondamentale uscire indenni dal mercato di riparazione, piuttosto che cercare il colpo grosso; che il bidone è dietro l'angolo e può costare caro. Che ci sentiamo tutti un po' il turista a passeggio in centro alle 4 di pomeriggio, mentre vede la gelateria e ha in tasca un paio di spicci. Che male può fare un cono?

Un gelato gustoso sul momento ma che non fa parte della dieta giornaliera: è un fattore che sempre più squadre stanno prendendo in considerazione, forse perché sempre più squadre sono a dieta. Squadre orientate dal fatto che la programmazione è ormai sulla bocca di tutti, e bisogna fare intendere di agire di conseguenza.

L'Atahotel sembra non essere un posto realmente esistente: pare più un luogo dell'anima, abitato dalle creature fantastiche del calciomercato televisivo.

calciomercatoAtaHotelExecutive

La programmazione: il suo spettro aleggia sul calcio europeo e sui titoli delle interviste a dirigenti e presidenti. Un contenitore la cui sostanza è difficile da individuare. "Voglio programmazione" è una frase che anche Maurizio Zamparini è riuscito a dire. Eppure il trend c'è ed un tema valido per i top club europei ma sempre più spesso anche per la buona borghesia internazionale.

Ormai si programma a una stagione di distanza: si sa da mesi del pre-accordo di Guardiola con il Manchester City, ufficializzato solo ora ma figlio di una lunga fase preparatoria. I grandi transfer internazionali richiedono ormai settimane di fasi di studio, bozze di agreement, emissari e intermediari: di fatto, è più facile assicurarsi un allenatore o un giocatore a distanza di un anno che in un paio di giorni.

E allora i ricordi vanno alle riunioni fiume a fine mercato, alle radio che annunciano i botti a sorpresa dell'ultima ora, ai nuovi arrivati alla sede societaria con indosso la sciarpa calata dagli ultras presenti. L'entusiasmo, le folle, le risate dei presidenti, i pranzi da Giannino e i caffè nell'hotel delle trattative. Titoli cubitali il giorno dopo, speciali spumeggianti in seconda serata in tv, conferenze stampa di presentazione in cui i cori intonano i nomi dei nuovi bomber.

Si arriverà forse al giorno in cui il calciomercato invernale verrà abolito, e nessuno se ne accorgerà.

E saranno tutti a posto così.


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