
- di Redazione Sportellate.it
5 motivi per cui (non) vendere Mateo Kovacic
Se l'estate stenta a decollare, a Milano da qualche giorno l'aria è irrespirabile. Colpa del ratto di Kondogbia messo a segno dalla coppia mercato interista Fassone-Ausilio ai danni del Milan. Una mossa che, al di là del contraccolpo psicologico sul fronte rossonero, acuito ulteriormente dal mancato arrivo pure di Jackson Martinez, riapre di prepotenza il capitolo relativo a Mateo Kovacic. Alla luce dei quasi 40 milioni scuciti dal club di Thohir per strappare il centrocampista francese al Monaco e della multa inflitta dalla Uefa a maggio per non aver rispettato i parametri imposti dal Fair Play Finanziario, ne consegue che l'Inter, per rientrare dall'investimento, dovrà sacrificare un paio di pezzi da novanta. L'indiziato numero è appunto il fantasista croato, per il quale il Liverpool sarebbe disposto a spendere una ventina di milioni. Un'offerta che spacca in due il tifo nerazzurro, come del resto la nostra redazione. Da un lato Raffaele Campo, fervente sostenitore del numero 10, dall'altro Andrea Ravasi, favorevole, seppur a malincuore, alla sua cessione.
Perché deve restare (di Raffaele Campo).
1) La carta d'identità. Mateo è nato nel 1994 e per una società che vuole riemergere è fondamentale puntare sui giovani. Kovacic si è sempre messo in luce grazie ad un'impressionante visione di gioco, oltre che per una grande voglia e grinta. Deve forse acquisire maggiore sicurezza in determinati frangenti, ma anche in questo caso l'età è dalla sua parte. All'inizio della stagione infatti, quando la squadra godeva di buona salute, era proprio lui il faro dell'Inter. L'epicentro da cui sgorgavano gol e assist. Tempi d'inserimento rari per un 21enne, anche quando prende palla è difficile fermarlo. Magistrale poi il passaggio vincente per Icardi nell'ultima di campionato contro l'Empoli del provvisorio 2-0 (4-3 il finale per la banda di Mancini): una verticalizzazione di 30 metri con cui salta due linee avversarie e mette l'argentino a tu per tu col portiere. Ha avuto un momento di appannamento in primavera, come del resto tutta la squadra. A sua discolpa, anche il fatto che Mancini non sempre abbia capito la sua vera posizione in campo, ossia quella di mezzala offensiva "alla Hamsik" in un 4-3-3 o in un 4-2-3-1. Il caso più eclatante è quello di Inter-Wolfsburg del 19 marzo, l'ultima apparizione europea della stagione, dove nel 4-4-2 interista Kovacic si è ritrovato a fare l'esterno, ruolo con cui non ha assolutamente nulla a che vedere per difetto di prestanza fisico-atletica e capacità di attaccare la profondità. "Mateito" sta attraversando una fase di crescita costante ed ha ampi margini di miglioramento. È e su di lui e Icardi che bisogna costruire l'Inter del futuro.
2) Sono altri i calciatori da vendere, Guarin ed Hernanes ad esempio. Entrambi non più giovanissimi, anarchici, discontinui e in possesso di scarsi margini di miglioramento, specie il profeta brasiliano. Da una loro cessione Thohir guadagnerebbe comunque una discreta somma. Se i turchi del Fenerbahce avanzeranno un'offerta per il colombiano, accettare di corsa. Ai due centrocampisti vanno aggiunti anche altri esuberi che alleggerirebbero il monte ingaggi, leggi Vidic, Andreolli, Campagnaro e Nagatomo.
Ah, e poi ha anche un buon terzo tempo.
3) Evitare un Coutinho bis. Il brasiliano, poco impiegato a Milano, dopo una parentesi in prestito all'Espanyol nel 2012, a gennaio 2013 ha salutato l'Italia, trasferendosi al Liverpool per una cifra attorno ai 10 milioni. Con i reds il trequarti classe '92 è diventato in pochi mesi una pietra angolare della squadra che nel 2014 ha sfiorato la conquista della Premier League. Se l'Inter avesse gestito meglio questo ragazzo (e con gestito s'intende un inserimento per gradi, evitando di lanciarlo allo sbaraglio nella squadra post triplete, salvo poi sparire dai radar una volta rientrato dalla Spagna), magari diverse figuracce le avrebbe evitate. "Cou" andava aspettato, soprattutto a livello fisico. Probabilmente sarebbe stato ceduto comunque - talenti del genere sono ambiziosi e vogliono giocare sempre la Champions - ma per 20 o 30 milioni. I parametri di mercato in Italia, da 4-5 anni a questa parte, sono cambiati e quando arriva l'offerta giusta, è impossibile rifiutare. Però qualsiasi giovane, prima di una eventuale cessione, va valorizzato al massimo. Venderlo senza prima spremere le sue qualità è uno spreco incredibile. Insomma una situazione similare a quella di Kovacic, col Liverpool, allora come oggi, sullo sfondo. Il croato deve crescere ancora, e chissà, tra due anni il suo prezzo potrebbe lievitare fino a 40-45 milioni. Morale della favola, sbagliare è umano, perseverare è diabolico.
4) I numeri dalla sua parte. La crescita dell'ex Dinamo Zagabria è testimoniata anche da alcuni numeri. Tralasciando l'anno scorso, quando in panchina sedeva un allenatore catenacciaro e miope nei confronti dei giovani quale Mazzarri, Mateo è migliorato assai sotto porta. Stando ai dati whoscored.com, non è un caso che i primi 5 gol in maglia nerazzurra siano arrivati in questa stagione, quando cioè la media tiri a match è passata dallo 0,5 del 2012-'13 all'attuale 1,2. E anche nei dribbling ha pochi rivali. Secondo i dati Opta, al termine del 2014 Kovacic è stato assieme a Vazquez il giocatore ad aver completato il maggior numero di dribbling in tutta la Serie A, 50, dominando poi pure la graduatoria nerazzurra relativa al numero di occasioni create, 31.
Gli stats di MK10 in questi due anni e mezzo di Inter.
5) Un regalo alla concorrenza. Se l'Inter vuole tornare grande, che senso ha rafforzare rose che un domani potrebbero diventare avversarie in campo europeo? Una di queste è proprio il Liverpool, reduce, come la squadra di Mancini, da una stagione sottotono. D'accordo tornare protagonisti in italia, ma mai scordare l'importanza dell'ambito continentale. Per puntare alla Champions è chiaramente ancora presto, ma tra due anni la formazione di Mancini, con i giocatori giusti e la mentalità da big, almeno tra le prime 16 squadre d'Europa può arrivarci. Perché allora rinforzare un potenziale competitor?
Perché deve essere venduto (di Andrea Ravasi).
1) La discontinuità. Kovacic è sì un classe '94, ma in 2 anni e mezzo di Inter non ha ancora dimostrato nulla. È vero che ha messo in mostra una serie di giocate spaventose (l'assist contro la Lazio nel 4-1 di fine 2013-'14 a mettere in porta Icardi è da orgasmo, guardare il video per credere) ed è vero che dispone di un potenziale tecnico impareggiabile neanche in serie A (anche per Pogba). Tuttavia non ha ancora espresso quella continuità di rendimento che è lecito aspettarsi da uno come lui.
2) Fare cassa. Va venduto perché la società deve rientrare della somma spesa per Kondogbia, un giocatore maggiormente continuo e utile alla causa interista, oltre che già decisivo. Pensate ad un ipotetico centrocampo con Imbula, Kondogbia e Brozovic o solo la coppia Kondogbia-Brozovic (Medel in alternativa) a proteggere la difesa in un 4-2-3-1 in grado di garantire quella miscela di quantità e qualità diversamente assente nella rosa 2014-'15. E tutto grazie all'ingaggio dell'ex Monaco. Anche se la "KK" cioè la coppia Kovacic-Kondogbia, ispira e parecchio l'immaginario collettivo.
Che poi, neanche il look depone a suo favore...
3) Salvare un talento. Kovacic va venduto al Liverpool per non scialacquare un potenziale talento mondiale. Così come Coutinho, Kovacic non è adatto al calcio italiano poiché in un calcio blando e tattico come il nostro, fatto di squadre raccolte in 30-40 metri, gli spazi sono limitati. E lui necessita di spazi quasi come di ossigeno. Spazio in campo come del resto in squadra: in Inghilterra poi godrebbe di quella fiducia che in questo momento né l'Inter né qualsiasi altra formazione italiana di vertice potrebbe garantirgli. Se non si vuole privare il calcio di un fenomeno con la "F" maiuscola, allora per amore di questo gioco va ceduto.
4) AAA cercasi ruolo. Al di là del fatto che Mancini non lo ama, il croato dal punto di vista tattico non è collocabile in questa Inter. Perché Kovacic è un ibrido, cioè metà trequartista e metà play basso. Eppure nessuna di queste due attitudini prevale sull'altra, che lo relega in un limbo dantesco. Se a tutto ciò si aggiungono i limiti caratteriali, più volte palesati nell'ultima stagione, la conclusione è sempre la stessa.
5) Autolesionismo. Siamo interisti e se non rimpiangiamo un giocatore che è esploso da un'altra parte non siamo contenti. Roberto Carlos, Pirlo e Seedorf docent. Altrimenti non possiamo provare quella sensazione di autoflagellazione che tanto ci piace. Perché diciamocelo, a noi interisti piace soffrire.
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