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3 min

- di Luca Vargiu

OLTRE LA LINEA: Una convocazione


Oltre la linea c’è un mondo pallonaro che molti non conoscono. Oltre la linea ci sono i dirigenti, gli allenatori, gli osservatori, gli agenti, i faccendieri, i genitori e i tifosi. Oltre la linea gli interventi a gamba tesa non sono mai sanzionati. Oltre la linea la visuale è diversa. Oltre la linea ci sono storie da raccontare.


Borsone pronto.

Tra pochi minuti si parte.

Un viaggio emozionante e diverso per due persone.

Da Trapani a quel posto vicino a Verona dove c'è un torneo internazionale.

Per pochi giorni sarà un giocatore della squadra Allievi di una società di Serie A che, dopo averlo visto giocare in improbabili campi in terriccio, prima lo ha chiamato qualche giorno per un provino classico e ora ha deciso di provarlo direttamente in gara in mezzo ai compagni e, soprattutto, contro avversari di valore. Affronterà infatti i pari età di Juventus, Inter, Manchester City e poi chissà, magari il Chelsea se la squadra supererà il turno.

Lui è Roberto, ragazzino sveglio e intelligente, maturo per la sua età. E' un difensore centrale, un po' macchinoso nei moventi perché parecchio alto, tecnicamente bravo, abbastanza veloce e con buona elevazione. Da modellare, ovviamente, ma non si trova lì per caso, chi lo ha selezionato ha fatto sicuramente un buon lavoro e ha visto e valutato la base su cui lavorare ma, soprattutto, l'ampio margine di miglioramento.

Al suo fianco, come accompagnatore, c'è il direttore tuttofare della sua squadra. Direttore, mister, massaggiatore e magazziniere, nella piccola suola calcio che gestisce con altre persone, ci si deve inventare in più ruoli visto che i ragazzini sono tanti e le risorse – economiche, umane e strutturali – limitate.

Questa convocazione rappresenta una grande soddisfazione per la società, non solo dal punto di vista morale, ma anche da quello, non meno importante, economico. Perché se il giovanotto finirà davvero per essere tesserato per la squadra che lo sta provando, scatterà il famoso premio di preparazione. Ma non solo, perché nella guerra locale tra scuole calcio per accaparrarsi i ragazzi, un giovane che finisce in una squadra di A è una buona pubblicità, porta nuovi iscritti e aumenta la reputazione della piccola società. Significa sopravvivere, soprattutto se si campa di questo.

Agitato forse più del suo giovane calciatore, anche per il direttore saranno giornate impegnative tra campo e scrivania per provare a chiudere l'accordo. Tutto nelle gambe del ragazzino, che dovrà sudare parecchio per lasciare l'emozione nello spogliatoio, concentrarsi sulle gare, vincere la diffidenza dei nuovi compagni che non sempre vedono bene un nuovo ingresso, confrontarsi e arginare gli attaccanti avversari che hanno avuto una crescita completamente diversa rispetto alla sua. Una bella salita, una delle tante che si incontrano nel cammino per diventare calciatori, la prima – probabilmente non l'ultima – decisamente importante.

Prima gara, un disastro contro l'Inter. Un tempo giocato, emozione, schemi di gioco sconosciuti e avversario sono bastati per bloccarlo.

Seconda gara, arriva il confronto con gli inglesi e qui non ce n'è per nessuno compagni inclusi, un altro pianeta. Batosta.

Terza gara in panca. I suoi muscoli non sono pronti per reggere tre gare in tre giorni e chiedono pietà.

Lacrime per lui in campo per aver bruciato in tal modo una possibilità così importante, delusione per il direttore sugli spalti per lo stesso motivo con in più la sicurezza di non aver fatto cassa.

Niente Chelsea, la valigia per il rientro a casa del giorno dopo è pronta.

Oltre la linea però, ci sono ancora allenatori che hanno la capacità (o il dono?) di vedere quello che in molti non riescono a vedere anche nelle prestazioni negative, che individuano il talento anche se nascosto e che rischiano anche un po'. Il mister che lo ha messo in campo non ha dubbi, s'impunta: vuole il ragazzo per la stagione successiva, crede di poterci lavorare bene e di formarlo come giocatore.

Una sfida per lui e per Roberto. La strada è ancora lunga, ma il primo ostacolo è stato superato.


 

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Luca Vargiu nato a Genova nel 1971 con due mesi di anticipo e nel giorno di Pasqua, ha iniziato fin da subito a disturbare i piani delle persone che la domenica pensano di stare tranquilli. Agente di calciatori non per passione ma per sfida, non campa grazie al pallone. Cresciuto in Gradinata Nord ama il calcio così tanto da odiarlo spesso, ha scritto di calcio in alcuni libri (Procuratore? No, grazie! - Oltre la linea – Contrasti, storie di calcio sospeso, Vincolo 108 e dintorni, Ancora oltre la linea) e minaccia di continuare a farlo.

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