
- di Alberto Paternò
Il Milan insipido di Inzaghi e l'ombra di Spalletti.
Che Filippo Inzaghi risulti più preparato nelle sue interviste post-partita, rispetto alla disposizione tattica sul campo della sua squadra è piuttosto allarmante. Ci nutre con la stessa pappina monotona e insapore dopo ogni gara, non allontanandosi nemmeno minimamente da quello che vuole comunicare. Per lo più, quello che dice ogni volta è che il Milan non va poi così male e che tutto può essere risolto. Ancora più importante, suggerisce sempre che è 'lui' l'unico in grado di correggere ciò che è ormai completamente disastrato.
Se solo fosse vero. Guardando la sua immagine, abbandonato in panchina l'altra sera contro la Lazio, del tutto smarrito e confuso, bisogna veramente chiedersi se Inzaghi creda veramente alle sue parole. La sua espressione si contrae in una smorfia ogni volta che la Lazio ha infilato la difesa del Milan, mentre la sua posizione statuaria quando Philippe Mexes ha perso ogni senso di dignità, non indica fermezza, piuttosto che il tecnico ha completamente perso il controllo.
Non è del tutto colpa sua, però. Una tattica naïf è andata a sostituire un'altra altrettanto dilettantesca, il tutto condito da mercenari del pallone che ormai hanno poco da dare. C'è forse anche la base giusta per un futuro promettente. Ma, con il talento disponibile, Inzaghi ha drammaticamente fallito nel garantire risultati adeguati a questa squadra.
Per mettere le cose in prospettiva, il diavolo non ha vinto una partita in campionato in tutto il mese di gennaio: tre sconfitte ed un pareggio. Il contesto peggiora quando pensiamo alle squadre contro cui il Milan ha perso. Sassuolo e Atalanta ristagnano nella metà più bassa della classifica. Il Torino, visto il risultato contro l'Inter, potrebbe anche essere considerato un avversario un po' più complicato, ma rendiamoci conto che i rossoneri con i granata hanno guadagnato un punto grazie a una bella botta di... fortuna. La doppia sfida con la Lazio completa il quadro in quella che è stata (in campionato) in gran parte, una partita a senso unico; mentre in Coppa Italia non sono riusciti a segnare un gol neanche giocando la ripresa in superiorità numerica. Questo tenendo presente che ai laziali in questo duplice confronto mancava il loro giocatore più decisivo (Felipe Anderson per la cronaca).
La situazione potrebbe peggiorare se l'ex bomber rossonero restasse ancora sulla panchina del Milan. Prima che questa squadra possa affondare definitivamente, deve essere nominato un allenatore capace, con maggiore esperienza, che possa riprendere in mano la squadra. Perché ciò avvenga, però, Inzaghi dovrebbe dimettersi (come ha già spiegato l'ottimo Andrea Ugolini qui su Sportellate), e credo che se Pippo non fosse stato un idolo della tifoseria, i Berlusconi lo avrebbero già indotto a farlo, con il collaudato “metodo Seedorf". I rapporti indicano che la dirigenza possa aver individuato un sostituto ben preciso, la famosa pelata italiana emigrata in Russia: Luciano Spalletti. Il club aveva apparentemente tentato di ingaggiarlo in estate, ma Spalletti non poteva lasciare i suoi datori di lavoro (Zenit St Petersburg). La possibilità che Spalletti possa fare ritorno in Italia sembra più plausibile nelle attuali circostanze, anche se il tutto potrebbe slittare a giugno.
Secondo La Repubblica, Silvio Berlusconi incontrerà personalmente l'allenatore toscano, al fine di convincere l'ex allenatore della Roma a prendere le redini del Milan. D'altronde proprio Spalletti aveva già preso in mano un club dal cammino particolarmente turbolento. L' A.S. Roma si trovava in uno stato di caos assoluto post-Sensi quando divenne allenatore nel 2005. Il suo successo con la Roma rimane una materia di studio, ma sembra possano esserci gli estremi per una nuova grande impresa, questa volta come allenatore del Milan.
In effetti l'ex mister di Empoli e Zenit conosce bene lo schieramento “senza centravanti”, dato che quest'anno il Milan ha giocato gran parte del girone di andata con Menez come 'falso nove'. Inoltre Spalletti ha già lavorato con Menez, e anche se questo rapporto non ha prodotto chissà quali frutti, i due hanno la possibilità di correggersi a Milano. In più il buon Luciano è anche uno storico sostenitore del 4-2-3-1, una formazione per la quale questo Milan è piuttosto preposta.
Dopo la partenza di Carlo Ancelotti dal club, la dirigenza ha sperimentato quattro allenatori con un'esperienza limitata (nell'ordine Leonardo, Allegri, Seedorf e Inzaghi). L'ingenuità tattica, unita ad investimenti limitati, ha portato il club verso il crollo a cui stiamo assistendo. Certo i tifosi milanisti potrebbero non vedere per molto tempo ancora acquisti esosi dei bei tempi andati. Ma è del tutto legittimo invocare un allenatore esperto per gestire il caos in cui è piombata questa squadra. Di cui Mexes è il triste simbolo.
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