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- di Gian Marco Porcellini

Daje Roma!


Finora ha viaggiato con un filo di gas a braccetto con la Juventus. Troppo superiori al resto di questa serie A sempre più triste e scadente. Però adesso è arrivato il momento per la Roma di confermarsi grande pure in Champions League. Di giocare con egual autostima e sfrontatezza anche nell’Europa che conta. Preso a pallate il Cska Mosca nella 1a giornata (5-1), ecco il primo vero banco di prova: la gara di stasera in casa del Manchester City. Costretto, avendo perso al debutto, a fare 3 punti per rimettersi in corsa nel girone. Una spada di Damocle, quella che grava sugli inglesi, da impugnare e sfruttare a proprio vantaggio dagli uomini di Garcia. Specialmente sul piano psicologico. Perché, in caso di vittoria, i giallorossi potrebbero già porre una seria ipoteca sul passaggio del turno. Ma soprattutto dimostrare che la "maggica" può giocarsela a testa alta pure nel vecchio continente.

Un obiettivo tutto sommato condiviso dalle due contendenti di stasera. Differenti semmai risultati e milioni investiti nella storia recente. Se i giallorossi viaggiano sulle ali di quell’entusiasmo figlio di un incredibile 2013-’14 nel segno di Sabatini e Garcia, oltre che di uno straripante ritorno in Champions dopo 3 anni, il City ritenta la fortuna dopo 2 Premier League alzate tra il 2012 ed il 2014 e 3 fallimentari campagne europee. Traducibili in un modesto ottavo di finale, disputato a marzo, come miglior risultato centrato dalla proprietà emiratina. Un dato che la dice lunga sugli impacci dei citizens a dispetto di una rosa stellare e di un fatturato da 316 milioni di euro. In termini di risultati, prestazioni e mentalità. Subìto passivamente il tiqui taca del Barcellona che lo ha sbattuto fuori, la formazione di Pellegrini anche nel match inaugurale del gruppo E in casa del Bayern Monaco ha rinunciato a giocarsela, restando in balia di un avversario che ha spadroneggiato e vinto 1-0. E pensare che in patria i campioni d’Inghilterra cambiano completamente registro. Certo, l’avvio di campionato non si è rivelato dei migliori (3 successi, 2 pareggi, una sconfitta e -5 dal Chelsea capolista), ma nel giardino di casa questa è una squadra in grado di mettere sotto chiunque, grazie ad un cocktail di calcio orizzontale e verticale.

Yaya Tourè, Bayern Monaco-Manchester City 1-0, 17-9-14

Fitto possesso palla (oltre il 60% di media) e improvvise accelerazioni, frutto di molteplici attori e giochi offensivi. In primis David Silva, il regista avanzato della manovra, i cui tagli da sinistra potrebbero mettere in imbarazzo Maicon e Keita. Proprio il maliano, acquisto tanto sottovalutato quanto azzeccato nel rimpiazzare l’infortunato De Rossi, dovrà guardarsi dalle sortite offensive del suo ex compagno di squadra ai tempi del Barcellona, quel Yaya Tourè non ancora totale e devastante come nel precedente quadriennio, eppure sempre determinante nell’economia del City. Davanti invece - banale eppure doverosa la sottolineatura - attenti a quei due, Dzeko e Aguero (8 reti totali): il bosniaco centravanti moderno, forte spalle come fronte alla porta, l’argentino semplicemente letale negli ultimi 20 metri. Due bruttissime gatte da pelare, specialmente per Yanga-Mbiwa, apparso ruvido ed impacciato in queste 4 presenze al fianco di un Manolas dal canto suo già pienamente a proprio agio al centro della retroguardia capitolina. Una difesa che malgrado le 2 sole reti subite in 5 uscite, potrebbe traballare a sinistra dinanzi alle discese del treno merci Zabaleta, propiziate dagli accentramenti di Milner. A gara in corso, le le armi a disposizione del tecnico cileno si chiamano Jesus Navas, altro velocista puro, e Lampard, a segno 4 volte nelle ultime 3 gare.

Totti, Parma-Roma 1-2, 24-9-14

A proposito di banalità, la Roma che si presenterà all’Etihad Stadium, si aggrappa al solito drappello: l'eterno Francesco Totti. Coi suoi movimenti ad abbassarsi tra le linee e lanciare a memoria le frecce Gervinho e Florenzi (magari anche Destro e Ljajic a match inoltrato), in modo da attaccare alle spalle due terzini come Zabaleta e Kolarov, più abituati a spingere che a coprire, il secondo in particolare. E giocarsi l’uno contro uno con Demichelis, non propriamente un fulmine di guerra. Oppure con la sponda del capitano, altro motivo ricorrente nel gioco della Roma (addirittura 8 contro il Verona sabato), per i due intermedi di centrocampo, Pjanic e Nainggolan, i quali allargano di prima per cercare il triangolo lungo con gli esterni. Alti o bassi che siano, specie sulla destra, dove Maicon (ex tutt'altro che rimpianto da queste parti) agisce quasi da ala aggiunta. Il resto lo fanno la qualità e la quantità del trio in mediana, che non dovrà concedere campo all’asse portante Silva-Tourè schiacciandosi sulla linea difensiva. Un peccato mortale rinnegare il proprio credo offensivo in luogo di un catenaccio old style. A maggior ragione contro gli sky blues, bucati da 8 sfide consecutive in Europa. Ed in perenne crisi d’identità. Specie nelle partite da dentro o fuori, come può considerarsi quella di stasera. Anche senza De Rossi e Castan, e con De Sanctis in dubbio “se po’ fa”, come dicono nella capitale. Daje Roma!


 

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