
- di Michele Bosco
Mertens, la domanda è “perché?”
Per molto tempo un comico napoletano, Carmine Faraco, ha cavalcato l’onda del successo con uno dei tanti tormentoni che si sono susseguiti nel corso degli anni in televisione. Dopo un’introduzione più o meno ironica, lo sketch terminava con “la domanda è perché?”, provocando l’ilarità della gente. Ecco, la domanda è perché. Se la sta facendo tutta Napoli, e non solo, pensando a Dries Mertens.
Il giocatore belga, nell’esordio partenopeo in Europa League contro lo Sparta Praga ha dimostrato ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, che talento sia e che importanza abbia nello scacchiere azzurro. Sia chiaro, questo non ha nulla a che vedere con Insigne, né con qualunque altro calciatore presente nella rosa a disposizione di Benitez. Non è una disamina tecnico-tattica perché è acclarato, ormai, che “il paragone non sussiste”. Il punto non è un semplice ballottaggio tra due o più calciatori, ma è capire il motivo della mancanza di continuità nell’utilizzo dell’esterno, che è stato anche uno dei migliori, se non il migliore azzurro, anche ai Mondiali.
“Spacca le partite”, racconta la leggenda, e piuttosto che essere un elemento a favore, molti giustificavano l’allenatore spagnolo sottolineando come Mertens sia l’unico a poter cambiare il volto di una gara. E che sia meglio risparmiarlo per la parte finale delle stesse piuttosto che “sprecarlo” dall’inizio. Dappertutto, si sa, e a Napoli ancor di più, si vive di favole. Molti, purtroppo, vanno dietro a chi le racconta. Ma chi sceglie di fare il “mestiere di giornalista” ha il dovere di raccontare i fatti e non di interpretarli a proprio piacimento. Mertens è uno dei calciatori più sottostimati capitati all’ombra del Vesuvio. Dovrebbe brillare come una delle stelle calcistiche del firmamento europeo, ed ergersi a protagonista assoluto in una piazza delle dimensioni di Napoli. Perché non c’è motivo, che sia uno, per tenere in panchina un talento del genere. Nemmeno l’altra filosofica invenzione che narra di un Insigne maggiormente disposto al sacrificio in fase difensiva.
I numeri parlano chiaro, sia relativamente agli “intercetti” e alle palle recuperate, che per quanto riguarda le partite in cui i due sono partiti dall’inizio. Nelle 35 in cui il napoletano è partito titolare il Napoli ha perso nove volte. Nei match in cui è stato il belga ad essere presente negli undici, 28 ad oggi, appena 2 sconfitte. In ogni caso, così come appena detto, non si tratta di fare un paragone tra Insigne e Mertens perché quest’ultimo ha dimostrato di poter giocare anche al posto di Hamsik, dietro ad Higuain, oppure a destra in luogo di Callejon. L'ex Psv è rapido di gambe e di testa, legge il gioco meglio degli altri, è incisivo. Arriva sul fondo, taglia in mezzo, sa farsi trovare al momento giusto in area di rigore. Salta l’uomo come pochi in Italia ed ha una dote fantastica: il tiro. Secco e preciso come una sassata che frantuma il vetro di una finestra. Contro lo Sparta Praga ha dato dimostrazione ancora una volta di quanto può e deve essere importante per questa squadra, nella quale deve rappresentare un titolare pressoché inamovibile. Le “rotazioni” sono una cosa, la sistematica panchina tutt’altra.
E poi, questo ragazzo, come leggevo in un bellissimo articolo scritto da un mio amico “giornalista giornalista”, citando un famoso film di De Crescenzo, è un “uomo di libertà” diventato “uomo d’amore” in questa tanto bistrattata città. Quello che dovrebbe essere un freddo uomo del nord Europa si è sciolto come neve al sole di Napoli, innamorandosene. Non perde occasione per metterne in evidenza gli aspetti positivi, rispetto agli inflazionati difetti di cui troppo spesso si sente parlare. Insomma, non è solo una questione tecnica e tattica, ma anche di poesia. E’ un amore nascosto che deve definitivamente sbocciare e vivere di luce propria, simbolo e testimonianza di quanto Napoli sia anche in grado di dare ad uno straniero che arriva mettendosi l’orologio in tasca e, poi, scopre che può diventare leader di un popolo intero e non avere più di questi problemi.
Insomma Mertens, il numero 14, deve giocare. Sempre. E, se questo non succede, la domanda non è “al posto di chi”, ma “perché?”.
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