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- di Alberto Paternò

Io sono Zlatan Ibrahimovic, e voi chi cazzo siete?


Io sono Zlatan e voi chi cazzo siete? Questo era il titolo di un libro scritto da Alberto Pucci, un carrellata di episodi poco edificanti e dichiarazioni del calciatore svedese.


- Cosa regalerai alla tua fidanzata?
- “Regali? Che regali? Lei ha già Zlatan”.
-“Quello che Carew fa con il pallone, io lo faccio con un'arancia”.

Sono solo alcune delle frasi celebri di uno dei personaggi più odiati del mondo del calcio, in cui la strafottenza e l'arroganza si uniscono a una superbia giustificata, dato che stiamo parlando di uno dei migliori calciatori al mondo, e che in tutte le innumerevoli espressioni della sua impertinenza, gestuali e verbali, si trova una loro coerenza.Ibra è proprio così, non c'è nulla di artefatto nei suoi atteggiamenti, che siano calcioni rotanti alla Chuck Norris o inequivocabili inviti gestuali ai propri tifosi.
L’anno scorso il denaro qatariota ha fatto arrivare questa stella del calcio a Parigi e presto la stampa francese ha cominciato a conoscere le sue aspre dichiarazioni:
- Che cosa manca alla Svezia per vincere l'Europeo?
- “Altri dieci Zlatan”.

Per ben conoscere il personaggio, bisognerebbe leggere la sua autobiografia “Io Ibra”, scritto con un giornalista svedese, tradotto in inglese e che nel suo paese è stato più venduto di Harry Potter!
Il libro è un’ode a se stesso, ma contiene anche confessioni e chiarimenti che non abbiamo mai letto in Italia e racconta la storia di un ragazzo di un quartiere povero, arrivato sotto i riflettori globali.
In un'intervista a l’Equipe, Julien Escudé, che ha giocato con Zlatan nell’Ajax, ha rivelato una frase che gli era stata confessata da Maxwell, amico intimo di Ibra:
“Ibra ha sofferto tanto durante la sua adolescenza e continua a battersi contro il suo passato. Ibrahimovic è nato a Rosengard, zona devastata di Malmo, dove vive una maggioranza di immigrati, nel sud della Svezia. La madre, croata, divorzia dal padre bosniaco quando lui aveva 2 anni.

Durante i primi 9 anni della sua vita vive a casa di sua madre, donna delle pulizie, non molto propensa a esprimere il suo affetto, la quale lavora 14 ore al giorno e punisce le birbate dei suoi figli a forza di cucchiai in legno sulla testa. Racconta: “Non c’erano conversazioni pacate alla svedese tipo “puoi passarmi il latte per piacere?” ma piuttosto si interloquiva così: “Prendi il latte, stronzo!”.

Dal momento che la sorellastra spacciava droga in casa, i servizi sociali lo mandano da suo padre, duro anche lui, ma attento, che passava le serate ad ascoltare musica folk slava, a seguire a distanza la guerra nei Balcani e a bere alcol: “Rientravo spesso affamato, aprivo lo sportello del frigo e intanto speravo: “Forza, forza, per favore, fai che ci sia qualche cosa là dentro!” Spesso non c’era nulla eccetto della birra e il mio stomaco piangeva. E’ un dolore che non dimenticherò mai. Non smetto di ripetere a mia moglie che il frigo deve sempre essere pieno”.

Ibra racconta spesso del suo bisogno di sentirsi libero, della necessità di mascherare le sue debolezze e gonfiare il petto di fronte agli altri ragazzi:
“Da bambino ero piccolino, ma avevo il naso grosso e la “zeppola” che ha portato a esser visitato da una logopedista, una donna veniva a scuola per insegnarmi come pronunciare la “S” e fu veramente umiliante.”

Nervoso e casinaro, lo svedese si rilassa rubando biciclette, facendo scoppiare petardi nelle buchette delle lettere e soprattutto giocando a calcio. Aveva due idoli: Ronaldo, il cui poster era appeso su tutti i muri della sua stanza, e Mohammed Ali. “Faceva le cose a suo modo, indipendentemente dagli sguardi della gente. Non era un scusa [...] È così che volevo essere. Ho imitato alcune delle sue espressioni tipo “Io sarò il più grande di tutti”. È necessario avere un atteggiamento da duro a Rosengard!”. Questo atteggiamento ha fatto di lui un giovane calciatore arrogante e attaccabrighe, ossessionato dalle sue azioni individuali. Nonostante sia diventato la grande speranza del suo paese, i genitori dei suoi compagni si lamentavano spesso di questo marmocchio che non faceva che urlare e tenere la palla per sé.

Anche a scuola è indisciplinato. Gli offrono un aiuto psicologico che lo sconvolge terribilmente e cacciato da un corso di italiano, risponde:
“È lo stesso, lo imparerò quando sarò lì in Italia!”
Passato all’Ajax, qualche anno più tardi, lì rimane sempre lo stesso, un solista imprevedibile. È alto 1 metro e 95 con una taglia 47 che uniti alla sua agilità e flessibilità, essendo cintura nera di taekwondo, spaventano non poco gli avversari.

I successi si susseguono e con loro il sentimento di crescere in un mondo che non gli appartiene. Il giorno della firma all’Ajax, in un bell’hotel di Malmo, incontra, imbarazzato, la migliore amica di sua madre, donna delle pulizie anch’essa. È il giorno della sua presentazione davanti alla stampa di Amsterdam, che beve per la prima volta dello champagne, a 20 anni.

Più tardi, mentre giocava alla Juventus, portò la sua famiglia in vacanza a Dubai. Sull’aereo, sua mamma si toglie la scarpa e la tira in testa a suo fratello che voleva ordinare del whisky.
Zlatan però doma la sua ascensione sociale come un rocker, coprendosi il corpo di tatuaggi come quello sul petto che recita: “Solo Dio mi può giudicare!”

E quando qualcosa nella sua vita non va, prende una delle sue macchine di lusso (“È per le macchine che hai, che dimostri quel che sei diventato”) e comincia a vagare per le strade. Frustrato a Barcellona, ha approfittato delle vacanze invernali per sfrecciare a 325 km/h sulle strade con la sua Porsche e quando un giorno ha sfasciato la sua Audi, ammette di essersi messo a ridere, come un bambino dopo una marachella.

È più facile trovarlo per le strade di periferia piuttosto che vederlo in discoteca. Traumatizzato dall’alcolismo di suo padre, beve poco e dice di amare la vita in famiglia. Infatti gran parte della sua autobiografia è dedicata alla sua storia d’amore con Helena, più grande di lui di undici anni, che lui chiama la sua “Evil super bitch deluxe!” Vi lascio tradurre...

Helena viene da una buona famiglia e Zlatan racconta che gli ha insegnato a usare i coltelli per il pesce e a degustare il buon vino.
Prima di avere i loro due figli, vivevano a Torino con il loro cane Hoffa, un carlino, a cui davano da mangiare pizza e mozzarella! Nel corso degli anni il giocatore non è affatto cambiato. In Italia grazie ai due allenatori che più l’hanno influenzato, Capello e Mourinho, è cresciuto fisicamente e ha imparato l’ossessione del gol e della vitoria.

Mino Raiola è il suo agente, e non potrebbe essere altrimenti. Non solo perchè è il più grande talent scout in circolazione, ma anche perché, come scrive Ibra, quando gli si parla con la durezza della gente di Rosenberg, “Ibra” rispetta e ascolta. E Raiola si è presentato al loro primo incontro con la sua aria da mafioso e suggerendo a Zlatan Ibrahimovic di “farsi vedere da uno bravo”.
C’è una scena divertente, era ad Amsterdam: Raiola aveva stampato un foglio delle statistiche dei migliori marcatori del campionato italiano.

"Zlatan, 25 partite, 5 gol. Guarda gli altri: Inzaghi, 25 partite, 20 gol. Trezeguet, 24 partite, 20 gol. A chi vuoi che ti venda?". Lo venderà alla Juve subito dopo.

Con l’età ha anche imparato ad essere un leader. Già all’inter il suo ruolo aveva già superato quello di semplice giocatore. Un giorno andò a trovare il presidente Moratti per lamentarsi della sua generosità.
"Dovresti andarci piano con i bonus. I ragazzi potrebbero prendere troppa confidenza. Mio dio, ha vinto una partita, non è niente e già ci toccano dei premi! Veniamo pagati per vincere e, naturalmente, se si finisce per essere campioni, prego, ci dia pure una bella cosa se vuole, ma non dopo una sola vittoria!" Zlatan ha quasi 31 anni, ma assicura che ha sempre la stessa rabbia, è solo un po' addomesticato.
"Fin dai miei primi anni a Malmö, ho sempre avuto la stessa filosofia: faccio le cose a modo mio. Non mi importa cosa pensa la gente e non mi è mai piaciuto essere circondato da persone pacate. Mi piacciono i ragazzi che sprizzano energia. [...] Io gioco meglio quando sono arrabbiato. Ricordatevelo. Se vedete che sono arrabbiato, non vi preoccupate. Certo, posso fare qualcosa di stupido e prendere un cartellino rosso. Ma alla fine, questo è un buon segno. Tutta la mia carriera è stata costruita intorno al desiderio di reagire".

In Francia, dove il calcio è vissuto con meno passione che in Italia e non avrà tanta concorrenza, Zlatan Ibrahimovic è quasi una star, come un eroe su un piedistallo, o come un fenomeno da baraccone. È talmente famoso in Francia che i cronisti sportivi di Canal + hanno coniato un termine solo per lui: ZLATANER! Un termine che ha avuto talmente tanto seguito che recentemente è stato inserito nei dizionari Svedesi:
ZLATANER:“Intraprendere qulacosa con forza,dominare”. Etimologia:“deriva dal francese e dal nome del giocatore Ibrahimovic, che domina fuori e dentro al campo”.

Ora sembra arrivato il momento di un altro cambiamento. Un ritorno questa volta. Secondo ultime indiscrezioni, Ibrahimovic sarebbe pronto a ridursi l'ingaggio per andare a giocare nella Juventus il prossimo anno. Da questa decisione derivano tante incertezze.
Prima i tifosi. Accetteranno di veder vestire la maglia bianconera uno che non ha esitato a gettarla nel cesso nel momento delle difficoltà? È vero, ora giura di aver amato l'Italia e la Juventus, ma non è un caso se con malizia i tifosi Juventini cantavano " Ibra zingaro". Non solo perchè si sentivano traditi, non solo perché Ibra ha cambiato numerose squadre, ma anche perché ovunque è andato ha dichiarato che si trattava della squadra dei suoi sogni e che sarebbe rimasto lì per sempre. Come sembra stia per dichiarare per la Juventus, visto che vorrebbe terminare la carriera a Torino. Sarà affidabile questa volta?

Un altro dubbio riguarda Antonio Conte. Ibra dovunque si è trovato bene era perché tutta la squadra girava attorno a lui, Zlatan è autoritario e non ha perso il vizio di quando era bambino, continua a sgridare e urlare ai suoi compagni che mostrano una loro autonomia. E in una squadra che ha la sua forza nel collettivo, riuscirà ad adattarsi? Accetterà di essere uno fra tanti come vorrebbe Antonio Conte? In più Ibra è un attaccante che non ha mai mostrato molto movimento senza palla, accetterà i diktat tattici del tecnico juventino?
Forse se a queste domande si dovesse rispondere negativamente, l'acquisto di Ibra potrebbe essere il preludio dell'abbandono di Antonio Conte, che la dirigenza juventina voglia costruire una squadra che grazie a Zlatan possa essere competitiva a prescindere dall'allenatore?
Quel che è sicuro è che nel momento in cui Conte, al primo allenamento, con il suo fare "gentile" gli urlerà di continuo "corri! pressa! corri! pressa! coriii!" possiamo già immaginarci Ibra che si ferma, raccoglie il pallone, si avvicina ad Antonio, gli strappa il parrucchino e a 2 cm dalla faccia gli grida: "Io sono Ibra, e tu chi cazzo sei??"


 

 

 

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